Il… Brass… Metal…?
Ecco. I lombardo-romagnoli Ottone Pesante, con il loro secondo album “Apocalips”, prossimamente in uscita il 2 di novembre, continuano la proposta del primo lavoro uscito nel 2016 (“Brassphemy set in Stone”), ovvero conglobare il genere metal ad una formazione batteria-tromba e trombone.
Chiaramente i fiati sono già stati inseriti in talune formazioni gothic e doom, ma nessuna formazione (di mia conoscenza, almeno) ha come attori unici, e conseguentemente principali, gli ottoni.
Francesco Bucci (Trombone), Beppe Mondini (Batteria) e Paolo Raineri (Tromba) sono “genitori” di un tipo di metallo che tende ad essere, proprio come dice il nome, “pesante”.
“Apocalips” è la decima ed ultima traccia del primo EP, così come il nome della seconda fatica di Bucci & Co.
Una sorta di concept-album a partire da una magnifica copertina. Una miniatura disegnata da “Ras Dam Foschi” che par rappresentare un’apocalisse sonora, forse anche umana, un viaggio esoterico con i monaci dell’ottone.
Si apre il tutto con una cannonata dritta nei timpani con lo scoppiettante intreccio armonico di “Shining Bronze Purified in the Crucible” in cui risulta credibile l’uso della tromba distorta, sulla tessitura del trombone, come se risuonassero armonici di chitarra.
Il finale sospeso, conduce ad un incipit in stile bandistico, per poi trovare consonanze col metallo, nella seconda traccia “Lamb with Seven Horns and Seven Eyes”, mentre è nella terza traccia che ho il primo e vero momento di godimento totale.
In “Bleeding Moon” il tappeto di trombone viene intarsiato da un tema in salsa tonale, con inserti di scale bachiane e minori armoniche, il terzinato ad inseguimento tra i due fiati e Mondini, ricorda moltissimo l’outro della sigla di “The Walking Dead” e le urla al microfono e certe lame alla tromba “clean” di Raineri rendono il brano realmente sanguinante.
“Angels of the Earth” ha piccoli estratti che ricollego, forse senza reale cognizione di causa, a “Atwa”, “Science” e “Cigaro” dei System of a Down.
Il primo estratto dell’album (di cui metto in link) è la collaborazione con Travis Ryan, “urlante” del gruppo grindcore di San Diego “Cattle Decapitation”. Il brano in questione, “The Fifth Trumpet”, ha un testo evocativo, da vangelo apocrifo, quasi bestemmiante e settario, di una violenza imponente. Il brano comincia e termina cattivo, senza una benché minima possibilità di redenzione.
“Locusts’ Army” è una vampata esplosiva con un ending da far roteare la testa a 360°, “Seven Scourges” è sospesa tra momenti crudelmente melodici e trovate quasi jazzistiche per frasi e beat, “Twelve Layers of Stones”, dura, acre e martellante, ha uno dei momenti più complessi in termini di esecuzione dal vivo, con repentini cambi di bps e conteggi sul finale.
Ed in ultimo…
Crepuscolo.
Mare. Nero, quasi fangoso.
Una prua. Due. Tre navi.
Sono gigantesche esaremi da battaglia, che si muovono indolentemente.
Un piccolo vascello dalle vele ammainate, sbrindellate.
Tamburi da guerra battuti con veemenza.
Un esercito di orchi, armati fino ai denti.
Un ammaraggio. Una battaglia che non c’é. Resti di ossa. Frammenti di distruzione e di una morte antica, putrescente, calcinata.
Il ritrovamento di provviste di ogni tipo.
La scoperta di ricchezze. Lingotti d’oro. Monete d’argento. Collane di turchese, rubino e opale.
Festino. Bevande a base di sangue di vitello, brandelli di carne, bagni nell’oro, compiacimento, esaltazione disumana.
Calare della notte. Oscurità.
Le alghe si fanno un tutt’uno con le pale vogatrici.
I baubau dormono.
Gli orchi riposano spocchiosamente.
Boria notturna.
Le ossa, assonnatamente, cominciano a ricomporsi.
Uno, dieci, centinaia di scheletri soldato prendono vita e cominciano, come se fosse un rito a sgozzare un nemico alla volta.
I cadaveri vengono lanciati uno ad uno in mare.
Lanterne vengono buttate. Il nero specchio d'acqua prende fuoco. La nave non arde, viene protetta come da un’eterna maledizione.
Il primo piano di un ragazzino in cabina di comando con un sorriso enigmatico.
Il suo volto si deforma, si trasforma, si sfigura.
Brucia.
Resta uno scheletro. Un teschio. Un ghigno. Il vascello fantasma. In un mare di fiamme.
Buio.
Questo è il cortometraggio che mi ha evocato “Doom Mood”, sin dal primo ascolto. Un brano pesante, che vuole e deve esserlo, che dura ben 13’, una colonna sonora epica, monumentale, adatta a conflitti come “The Battle of Bastards” di “Game of Thrones” o “Battle of Pelennor Fields” di “The Lord of the Rings” ed è un brano che molto ha a che fare con il “destino” del trio su base faentina, che ci regalano una trentina di minuti di pura energia in un secondo album che vale molto più di un semplice e disattento ascolto!
“And the Fifth Angel sounded a Star had fallen to Earth
The Pit of the Abyss was opened
Smoking like a burning Furnace…”
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