Markus Popp e gli Oval, ovvero gli iniziatori di quella rivoluzione glitch di cui (pare) non essersi accorto nessuno, sono l'esempio lampante di quante differenze si nascondano dietro all'etichetta "musica elettronica".
Fate mente locale: in quel periodo uscirono "Music For The Jilted Generation" dei Prodigy, "Amber" degli Autechre e "Dubnobasswithmyheadman" degli Underworld.
Ed a parte, per una cerchia di ascoltatori decisamente più ridotta, questo 94 Diskont, diverso, sia da ognuno dei 3 album citati che da tutto il panorama elettronico dei primi anni '90, poichè propone un'estetica ed un modus operandi "a sé", staccandosi in modo decisivo dalla scena inglese e da quella tedesca.

Al primo ascolto, questo disco risulta ancora oggi una sfida (Eh beh, uscì per Mille Plateaux...), presentando la lunghissima (24 minuti) Do While come prima traccia.
Già dal titolo, i più informatici avranno capito: musica fatta di cicli e condizioni che trova una via di espressione nella ripetitività. Solamente dopo questo tour de force si torna a durate più digeribili, con 5 altre tracce "brevi" (sui 5 minuti) ed un'ultima Do While (Command + X), una sorta di "radio edit" (manco fosse l'ultimo successo dei Blue).

Facendo un paragone azzardato con "Pendulum music" di Reich, ci possiamo accorgere che anche con gli Oval ci troviamo di fronte a musica dotata di vita propria, il cui esecutore è responsabile solo delle condizioni di partenza:
Là erano due pendoli ad emettere un suono mano a mano che si avvicinavano al loro asse, qui ci troviamo di fronte a manipolazioni sonore più complesse, come l'utilizzo di CD appositamente graffiati che riescono adderittura a costruire dei pattern ritmici (quasi) ballabili (Shop In Store).

È questa l'essenza del glitch, trovare il ritmo e l'imprevedibilità propria del miglior Jazz negli errori delle macchine. Una musica subdola, che proprio per questa caratteristica SEMBRA non aver lasciato tracce nel pop odierno(come invece fanno solitamente le avanguardie, popolari o colte che siano).
Basta però ascoltare con orecchio critico il nuovo "Medulla" di Björk per capire: oramai anche il glitch ha fatto il suo ingresso nel pop mainstream.
Sebbene in quest ultimo caso il merito vada più ai Matmos.

Nota a pedice, Piero Scaruffi sancì: "Questi sono dischi di una banalità allucinante."

Per quanto mi riguarda è un motivo in più per possederli tutti. Non me ne voglia Scaruffi, ma abbiamo metri di giudizio diametralmente opposti.

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