È un singolare tour de force l'ascolto di questo lavoro degli Oval, trio tedesco capitanato da Markus Popp e riconducibile alla scena sperimentale che agita la musica elettronica a metà degli anni '90. "Systemisch", loro secondo album, esce nel 1994 e suona come una claustrofobica raccolta di brani (undici, per un'ora di durata complessiva) monocromi e destrutturati, privi di sviluppo e costruiti tutti intorno alla stessa idea ricorrente: uno sfondo sonoro, spesso ripetuto in loop, più gli impulsi percussivi ricavati da suoni spuri, che quasi sempre si traducono in una sorta di scricchiolio o ticchettio più che in un beat percussivo vero e proprio. Gli Oval sono tra i pionieri del glitch, la tendenza stilistica nata come reazione alle sonorità troppo pulite e cristalline dell'elettronica: di qui il gesto di sporcare quelle sonorità, di graffiarne la limpida superficie con un pulviscolo rumoristico.

La musica di "Systemisch" nasce all'interno di un "sistema" ben strutturato, quello dominato dalle apparecchiature digitali, da software e hardware, dal mondo dei media e dell'informazione: e di quel sistema dà una lettura critica, un commento caustico. Parlano da soli titoli come "The Politics Of Digital Audio", "Mediaton", "Tonregie", fino all'ironico "Oval Office" o al tautologico "Compact Disc". Questo sistema (di potere, e dei mezzi e supporti con i quali esso si manifesta) gli Oval mettono alla sbarra con le loro melodie ovattate e appena riconoscibili, con i loop frammentati, spesso interrotti e poi ripresi, con l'angoscioso saltabeccare di sbilenche percussioni. Usano poco i sintetizzatori, preferiscono rovinare cd scrivendoci sopra col pennarello oppure danneggiare la loro strumentazione digitale per poi utilizzare il suono frammentario che ne deriva.

Il risultato è una musica ostica, che pende sul versante della sperimentazione e non certo dell'intrattenimento. Una musica interessante (se ne accorge anche Björk che campiona un frammento di "Aero Deck", la seconda traccia, per il suo album "Vespertine") ma impegnativa. Come si diceva prima, un commento musicale su temi e questioni (spesso) extra-musicali.

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