Entrare a far parte del vasto "mondo delle recensioni" con un'opera di Paolo Conte, non è certo la scelta più indicata. Questo perché l'avvocato astigiano rappresenta, nel panorama musicale italiano, un caso eccezionale, oserei dire unico, per tipologia, musicalità ed espressività.
Se oggi dopo tanto tempo sono di nuovo munito di carta e penna (monitor e tastiera per i più tecnologici) per buttare giù qualche frase, è in gran parte merito suo.
Ho di fronte a me l'album "Appunti di viaggio", anno 1982. Qualche giorno fa quest'album mi ha fatto innamorare del pregevole artista in questione. Ebbene si, è il mio primo album di Paolo Conte, ed è proprio per questo motivo che l'ho scelto come protagonista della mia prima recensione, per cercare di incanalare nel testo d'esordio tutte le ottime sensazioni nate dall'incontro fatale tra me e un genere musicale tutto da scoprire. La parola chiave, dunque, è novità. Novità che non ritroviamo nella prima traccia dell'album, "Fuga all'inglese". A questa, infatti, si va a sostituire una splendida intro di tromba che accoglie uno dei testi più interessanti dell'intera opera. Un piccolo gioiello, in cui vengono trattati, con una leggerezza musicale ineccepibile, temi sempre cari all'essere umano quali la fuga (intesa come fuga dalla propria vita, vista quasi come una rinascita, dalle abitudini, da una certa concezione di moralità non necessariamente negativa), lo scorrere inesorabile del tempo che lambisce tutto e tutti inevitabilmente, la presenza insignificante di due uomini rispetto all'immensità, all'imprevedibilità, alla frenesia di quel fiume in piena chiamato Vita.
Segue "Dancing", canzone dal ritmo trascinato, smorzato in delizioso contrasto dalla voce languida di Conte. Si tratta di una rumba che incornicia, a mo' di colonna sonora, un quadro di due ballerini un po' impacciati che, metaforicamente, rappresentano due amanti la cui storia d'amore, in realtà, si identifica più in una rumba che in un tango.
Si continua con "Gioco d'azzardo", traccia dal tono mesto e malinconico in cui ritorna il tema dell'amore tribolato, visto quasi come una scommessa persa. Mi sembra giusto sottolineare, inoltre, il magnifico intermezzo strumentale in cui sembra che l'autore voglia convogliare tutta la passione sfuggita dalla relazione narrata.
"Lo zio" è una canzone divertente, accattivante che stimola il riascolto. Rischia però di essere dimenticata in fretta in quanto va ad anticipare, a mio parere, il vero capolavoro dell'intera opera, "Hemingway". Il titolo, il testo, la musica rimandano al nome dell'album con uno stile non indifferente. Tutti i versi si incamminano lungo una strada, la strada del viaggio, delle emozioni, della vita. Con piccole ma deliziose didascalie, Conte impressiona, a mo' di pittore, sentimenti e immagini che rimandano ad avventure passate; quest'ultime e quelle che verranno saranno parte di un lungo viaggio bellissimo, nostalgico, libero da condurre sulla Strada più importante. Il meraviglioso pezzo strumentale che segue non fa altro che accompagnare il nostro pensiero nella raffigurazione di queste immagini. In definitiva, un diamante che da solo vale l'acquisto del disco.
La sesta traccia "Diavolo Rosso" si presenta come un buon pezzo dal ritmo interessante che ha come protagonista un ciclista realmente esistito sconosciuto ai più, Giovanni Gerbi, soprannominato, appunto, Diavolo Rosso. Nulla di trascendentale.
Lo stesso discorso vale per "La frase", canzone dal testo e musica poco convincenti. A mio parere, rappresenta il punto debole dell'album.
Il disco si conclude con l'ottava traccia "Nord". Quest'ultima di certo non vi farà rimanere a bocca aperta, ma sarà comunque in grado, attraverso le sue scene evocative, di lasciarvi quel retrogusto dolce di un viaggio verso Nord.
"Appunti di viaggio" è un album da ascoltare con attenzione, un piccolo capolavoro costruito sulle note del pianoforte di Conte che sa dosare bene emozioni e tecnicismi. Questa è solo una semplice recensione scritta da un "profano", le sensazioni più intime spettano a voi. Io vi consiglio di iniziare questo viaggio e di prendere appunti nel vostro cuore, nella vostra mente, nella vostra anima.
...Monsieur Hemingway, ça va?...
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