Premetto d'essere un ammiratore di Peter sin dal lontanissimo aprile del 1972 quando entrò in scena come un fiore cantante assieme ai Genesis e deliziò i (relativamente) pochi affezionati dello spettacolo pomeridiano......sì, perché allora c'era pure questa opzione!
Ho atteso un po' per recensire il suo ultimo lavoro, un po' per sedimentare quanto ho ancora la fortuna d'ascoltare di sua nuova produzione e un po' per il rispetto che si deve ai Grandi prima di criticare, più che recensire, ciò che hanno appena realizzato.
Ebbene ed in sintesi "I/O" acronimo di Input/Output ovvero entrata ed uscita, nel senso di interconnessione del genere umano, è un vero ed indiscutibile capolavoro....... Capolavoro marketing, sotto diversi punti di vista: inanzitutto per il rilascio iniziato a gennaio con la presentazione del primo brano dell'album ovvero "Panopticom" e via via, seguendo il sorgere della luna piena fino appunto ad arrivare al dodicesimo ed ultimo "Live and Let Live" che si porta così appresso l'uscita fisica di tutto l'album. Capite così che dopo ben 21 anni d'attesa dall'ultimo inedito "Up" la sete degli appassionati viene ulteriormente accresciuta con tale stillicidio, il cui collegamento lunare non risulta essere ben chiaro se non per allunagare la nostra lingua. Ma il capolavoro marketing non si esaurisce con questa particolare "delivery" che non mi risulta abbia precedenti di questa portata, infatti alla fine purtroppo i fan scoprono che per avere il sospirato "I/O" si devono sobbarcare una doppia spesa perché il buon Peter l'ha pensata grossa ovvero raddoppiare la pubblicazione con un doppio mix dei medesimi brani, denominati rispettivamente: "I/O Bright Mix" curato da Mark Stent ed "I/O Dark Mix" curato da Tchad Blake, a completare poi il capolavoro e giustificare l'elevato prezzo del pacchetto, nella versione digitale, s'allega il notevole blu ray curato dall'ingegnere del suono Hans Buff. Idem, ma ovviamente senza blu ray e prezzo comunque amatoriale, per la versione in doppio vinile.
Ora e con tutto il rispetto per Peter, per i suoi collaboratori, per la produzione in Dolby Atmos, la descrizione della cui tecnica richiederebbe una pagina dedicata, credo si sia davvero raggiunto l'apice commerciale a dispetto della democrazia musicale che dovrebbe essere invece cara ad un Grande, ritengo non più nella necessità di soddisfare le esigenze di una Major Produttiva o del mero bilancio. Perché se è vero che oramai si può ascoltare tutto, o quasi, in streaming e avere facilmente i contenuti "liquidi" è anche vero che vista la qualità tecnica promessa, questa può essere riprodotta solo con un adeguato supporto fisico.
Fatta questa severa critica, che poi dovrebbe essere il mio compito, passo al commento della Musica e qui le cose si fanno più complicate perché dopo 21 anni d'attesa intermezzati è vero dall'uscita di due album di cover più o meno articolate ed apprezzabili, l'ammiratore s'aspetta fiducioso l'ascolto di qualcosa che lo lascerà esterreffatto, o mi sbaglio? Beh al primo colpo per me non è andata così! Ecco allora frenare l'istinto di riportare quanto provato ascoltando ambo gli "I/O" e convincermi: a diversi passaggi prima d'esprimermi. Ho fatto bene, anche se il risultato finale non è comunque quello atteso, infatti da un primo ascolto sonnacchioso sono arrivato ad un miglior apprezzamento specialmente del Bright Mix che non a caso è davvero più luminoso dell'altro. L'introspezione interiore di Peter si sente eccome, anche la sua traduzione in musica e la ricerca del Suono o degli arrangiamenti per esprimerla c'è senz'altro e permea tutto l'album. L'uso di effetti sonori e la collaborazione di grandi musicisti: da Brian Eno a Tony Levine, nonché l'impiego della New Blood Orchestra ci danno sicuramente un album ricco di sonorità con un campionario artistico invidiabile, quello che purtroppo manca a mio modestissimo avviso è la freschezza (e novità) di un lavoro che probabilmente neppure un Grande alle soglie dei 74 anni si può più permettere e perciò surroga la cosa con un'esperienza musicale enorme, attingendo a piene mani dai lavori più recenti ("So", "Up" e "Us").
Ciò detto, non è che manchino i raggi di fulgida luce emessi da "I/O" come l'epico "Playing for Time", il poetico "So Much" o il conclusivo "Live and Let Live", però resta il fatto che risulta difficile emozionarsi e viceversa si rischia qua e là: l'assopimento, in particolare giunti a "And Still".
Concludo precisando per gli ascoltatori più evoluti che realmente il Dolby Atmos (fra l'altro, per la cronaca, è appena uscita questa versione di: "The Dark Side of the Moon") migliora la qualità d'ascolto in maniera sensibile, grazie ad una tridimensionalità spinta in cui ogni strumento ha una particolare posizione nella semisfera udita, estendendo significativamente il concetto bidimensionale della stereofonia; però mi chiedo quanti possano ricorrere a tale diavoleria tecnica, che richiede un lettore blu ray e un amplificatore di ultima generazione?
Una curiosità mi resta ed è quella di vedere se e come Peter Gabriel riuscirà a portare sul palco, in cui s'è sempre dimostrato un Maestro a partire dal fiore di cui sopra, un opera del genere. Vedremo, forse la prossima estate.
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