C'è una sequenza, in "Al servizio segreto di Sua Maestà", che mi ha colpito molto.

Bond è da poco fuggito dalla base di Blofeld.
Gli sgherri della Spectre gli stanno addosso.
Lui è stanco, indolenzito e porta ancora sul viso i segni della recente lotta.
Ha paura.
E' un uomo solo, contro nemici troppo numerosi e troppo forti per lui.
La fuga sembra impossibile.
E così si arrende, smette di scappare.
Si siede su una panchina.
Infreddolito, alza il bavero del giaccone e, semplicemente, aspetta che arrivino a prenderlo.

Per la prima volta, nella mia esperienza con la saga bondiana, mi sono ritrovato a pensare: no, questa volta non se la caverà...

 

Un altro Bond è possibile.
George Lazenby, modello australiano con precedenti esperienze attoriali solo nel campo della pubblicità, chiamato a sostituire un Connery ormai scoglionatissimo (o forse non ancora ripresosi dalla trasformazione in Bondo-San), mi è risultato subito simpatico quando, al termine della prima scena, mentre osserva sconfortato la donna a cui ha appena salvato la vita abbandonarlo come un ciuccio in mezzo ad una spiaggia, si volta verso la telecamera e, infrangendo la quarta parete, si rivolge direttamente al pubblico con un ironico: "Non era mai successo a quello di prima!".
Il suo è un Bond più atletico, longileneo, dai movimenti decisamente più plastici.
Eppure non meno elegante, raffinato nella gestualità, nel modo di parlare.
E con una fossetta a forma di culetto sulla punta di un mento volitivo, che può far sempre comodo per tenere ferma la cannuccia del Martini.

Ma, allora, un altro film di James Bond è possibile.
Un film che parte in maniera quasi maldestra, addirittura rinunciando ad uno dei marchi di fabbrica più apprezzati dell'intera serie (i titoli di testa) e con una sequenza iniziale (quella del tentato suicidio), che è un po' un pasticcio per scrittura, regia e fotografia.
Un film quasi goffo nel modo in cui tenta di tenersi stretti i fan della saga, grazie all'amarcord, tanto sfacciato quanto grossolano, della scena in cui Bond passa in rassegna gli oggetti simbolo delle precedenti avventure e, per ognuno, viene citato il relatovo tema musicale.
Perchè è solo quando si scrolla di dosso l'ombra ingombrante dei classici che lo hanno preceduto, che "Al Servizio segreto" inizia davvero a dare il meglio.

Quello che avrebbe potuto essere il primo capitolo di una seconda "Golden Age" è, anzitutto, un film equilibratissimo, in cui tutte le componenti del canone vengono dosate magistralmente.
C'è un'ironia giocosa, leggera (Bond che partecipa alla cena delle figone in kilt o che trova una copia di Playboy tra i quotidiani nello studio dell'irreprensibile avvocato di Berna), e una punta di comicità a grana grossa (ammirevole la scena in cui James si intrufola nel letto pronunciando la frase "Quella grassa vacca..."). Ma, soprattutto, vi si può trovare una componente d'azione spiccatissima, davvero mozzafiato, adrenalica, che gioca sapientemente con l'eccesso, senza (quasi) mai oltrepassare il limite della sospensione dell'incredulità.
Solo che a questi elementi, tutti già presenti nei precedenti episodio, se ne aggiungo uno nuovo, sconosciuto, quello del romanticismo.

Perchè anche un'altra Bond Girl è possibile.
O forse no.
Perchè Diana Rigg non è un manifesto dell'ormone impazzito à là Ursula Andress, non ha la fisicità statuaria e prorompente di una Honor Blackman. E, ad onor del vero, non è nemmeno una bellezza al pari dell'algida Daniela Bianchi o della forse insipida, ma comunque notevole Claudine Auger.
Il suo, semplicemente, è un di quei visi che vorresti vedere sempre sorridere.
Inevitabile, quindi, che anche il suo personaggio, Theresa Di Vincenzo, non possa essere catalogata come l'ennesimo trofeo, l'ennesima tacca sulla canna della pistola di carne di Mr. Bond.
Sin dalle primissime scene, Tracy ci viene presentata come una donna stanca di vivere, che ha perso ogni ragione per stare al mondo. La prima volta si concede a Bond quasi come passaggio obbligato di un processo di autodistruzione che lei stessa ha deciso di intraprendere.
Ed è anche per questo che, nel prosieguo della pellicola, mano a mano che il sentimento tra lei e Bond cresce, si prova sincera empatia nel vederla ridere, scherzare, riscoprire la gioia di vivere.

E mentre Bond, nella sequenza finale, la stringe a sè per l'ultima volta, si ritorna col pensiero alla scena di cui raccontavo all'inizio.

007 è solo, braccato, infreddolito,
Ma soprattutto spaventato.
Anche lui, forse, teme che questa volta non riuscirà a cavarsela.

E' in quel momento che qualcuno si ferma davanti a lui.
E' una donna.
E' Theresa.
Lo riconosce.
Gli sorride.
Lo chiama per nome.
Con amore.

Ed è solo in quel momento che tu capisci che, sì, anche questa volta se la caverà.

Ha proprio ragione, Lazenby.
Non sarebbe mai successo a quello di prima.

 

"Best Boom Bond Movies":

1) Al servizio segreto di Sua Maestà

2) "Dalla Russia con amore";

3) "Missione Goldfinger";

4) "Licenzia di Uccidere";

5) "Thunderball (Operazione tuono)";

6) "Si vive solo due volte";

 


"Best Boom Bond Pussies":

1) Daniela Bianchi – Tatiana Romanova;

2) Diana Rigg – Tracy Di Vincenzo;

3) Honor Blackman – Pussy Galore;

4) Ursula Andress – Honey Rider;

5) Claudine Auger – Dominique "Domino" Derval;

6) Mila Azuki e l'altra giappo che muore;


BartleBond tornerà con "Agente 007 - Una cascata di diamanti".

Carico i commenti...  con calma