Credo che una percezione pura della vista (e dei sensi) non esista. Ogni giorno si vedono (e si percepiscono) un’infinità di cose. Tuttavia, se ne ricordano o se ne possono ricordare solo alcune. Quelle che hanno fatto sorgere nel nostro cervello un pensiero, una frase mentale.

La tipologia, la qualità e la quantità di frasi mentali generate è qualcosa a cui risponde il cervello di ognuno di noi.

Il bravo reporter è colui che possiede un cervello in grado di usare magistralmente i suoi sensi. Proprio per questo non vediamo tutti allo stesso modo.

Eppure, in un passo del L’odore dell’India, raccolta una serie di reportage scritti per i giornali italiani da Pier Paolo Pasolini, durante un viaggio compiuto dallo scrittore friulano in compagnia Alberto Moravia e Elsa Morante, lo scrittore friulano si propone di “dire semplicemente come una macchina fotografica quello che ho visto in quei due passi”.

E il nostro ci riesce per un paragrafo, forse due, mentre, nelle restanti 134 pagine, rende i suoi sensi “disponibili, allegri, curiosi come scimmie, con tutti gli strumenti dell’intelligenza pronti all’uso, voraci, goderecci e spietati” e ci mostra “attimo per attimo /…/ un odore, un colore, un senso che è l’India.”

L’india che nel 1961 è un paese pervaso da una tremenda miseria, che non abbandona, terribile, gli occhi del visitatore. Eppure, dentro questa moltitudine di mendicanti, mutilati, senza casa, malati e appestati, straccioni e ruffiani che invadono le strade sterrate, polverose e sporche che giungono fino alle acque malariche, torbide e acquitrinose, Pasolini intravede sempre persone, storie, caratteri di un’umanità indiana, ovvero mite e gentile, e straordinaria.

La incontra nella prima notte a Bombay, quando, tra una folla vestita di asciugamani, conosce la dolcezza di Sardar e Sundar, un mussulmano e un indù perdutisi, in cerca di fortuna, a Bombay, una metropoli in cui son soli, senza nessuno; tra i malati, conosce Revi, dal faccino allegro e gli stracci svolazzanti, e si occupa di lui. Conosce una religiosità varia, Indù (che da filosofica è diventata pratica) Muslim e non solo; varia, ma al suo interno, racconta un candido rito di una famiglia che va a fare le abluzioni circondata dalla sporcizia. E poi, Madre Teresa e Father Wilbert…

La monotonia dell’ambiente viene spezzata dai primi bagliori di modernità nella miseria. Sono gli unici segnali dell’India contemporanea e remotissima. La borghesia, gli intellettuali e gli uomini di Nehru, il presidente. C’è spazio anche per il sorriso divertito, quando alcuni accolgono festosi Moravia (il serio e prolisso Moravia), divenuto celebre attraverso i Penguin Books, bestseller, in quest’isola di “benessere” indiano…

Infine, perché ancora oggi è necessario L’odore dell’India?

Per le rivelazioni presenti tra le sue righe, rivelazioni di sopravvivenza, religiosità e cultura, rivelazioni di pura umanità.

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