Sì, so già quello che state pensando. E la risposta è: sì, il gruppo si chiama così. E la risposta alla seconda domanda è: no, non li sento perchè fa figo vantarsi di ascoltare gruppi coi nomi scemi.

I Pigs x 7 (come si sono autorinominati per praticità) sono sbucati dalla ridente Newcastle lo scorso anno (ma in verità erano già al secondo disco) con un mastodonte sonico dal nome di “Feed The Rats”, osannati come salvatori dalle webzine che gravitano intorno alla galassia della musica heavy , ma che al sottoscritto aveva convinto poco. Sarà l'età, ma oramai è difficile riesca ad emozionarmi a dischi di tre tracce di cui due superano i 15 minuti. Inoltre la voce del cantante, urlato-cavernosa mi lasciava perplesso.

Però poi a Settembre è uscito questo “King Of Cowards”, e sarà il brusco calo delle temperature, o più probabilmente la tracklist con ben sei tracce dalle durate accettabili per la mia soglia di attenzione, sono riuscito ad entrare nel loro mondo. Un simpatico mondo apocalittico il giusto, in cui gente incappucciata adora il dio della sei corde Toni Iommi, ma anche il Doom psichedelico degli Electric Wizard e le sane svisate acide dei padri Hawkwind. Senza scordarsi un doveroso inchino allo stoner più massiccio, tipo Beaver e altre band misconosciute che noi sfigati quarantenni ascoltavamo un ventennio fa, pensando fossero il futuro della musica tutta.

Ho talmente ritrattato il mio giudizio, manco fossi un maestro del tuffo carpiato a 180° tipo Capezzone o Giovanni Lindo Ferretti, che la voce del cantante ora è il valore aggiunto del disco. Senza queste urla piene di eco, tra il baritonale e l'urlato, sarebbero un gruppo come gli altri. E invece cazzo, un pezzo post stoner totale come “A66” non suonerebbe così minaccioso senza quella voce. Idem il doom psichedelico (in verità pure troppo debitore agli Electric Wizard) di “Shockmaster”. Ma i pezzi migliori sono all'inizio e alla fine: “GNT” apre il disco con un riff alla Hawkwind, ma coi decibel del 2018, e piazza un cambio al ralenti a metà disco che metterà a dura prova la cervicale di più di un mio coetaneo mentre scatterà il furioso headbanging. L'altro pezzo è “Gloamer”, che è la nemesi di “GNT”: lento, meditabondo, percorso da improvvise scariche elettriche, mentre il cantante Matt Bady alterna urla belluine a un parlato scazzato, fino all'accelerazione finale e al collasso annunciato di questo bel magma.

Disco Heavy dell'anno? Per ora sì, e a mani bassissime.

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