"I Pink Fairies si sono riuniti, gli Unni di Attila sono ritornati" [cit.]
Vabbè che dal decennio 70 un bel pò di cose son cambiate. Sergio è ancora lì, con gli occhi estasiati davanti a trenta e più centimetri per altrettanti, tinti ad elfi e uraniani maiali volanti in occhiali da sole, un sorso di birra e ritorna sulla illustrazione ma si è rimpicciolita, visibilmente ridotta di venti centimetri per lato, sotto una custodia di plastica trasparente e i maiali sono andati via. Uno strano animale barbuto, peloso che imbraccia una Fender ne ha preso il posto ereditando dai suini gli occhiali da sole. Il tempo passa... il tempo è passato sui cancelli del Wight Festival indugiando su quei ragazzotti insolenti che, nudi e crudi, fracassavano i timpani lontani dal grande palco, dalla "jet (music)society" che barattava la loro arte a suon di verdoni. È passato attraverso l'incendiario armamentario hard-prog-blues, le carezze della "Ragazza di guerra" impreziosite dagli schiaffi dell "Uomo Celestiale", attraverso i passi della dolce Marilyn, persa per le vie di Portobello. È passato e con se ha portato via le nuvole, la pioggia viola e qualche maiale di troppo, uno dei quali è andato ad arenarsi sulle ciminiere della Battersea Power Station sulle rive del Tamigi, anzi no, quella è un'altra storia, nonostante anch'essa rosa. Dicevo, il tempo cambia tutto e inevitabilmente la sua azione ha colpito anche i Pink Fairies; sia chiaro, son sempre rosa e sono (in parte) sempre gli stessi, ma i nuovi, ruggenti anni ottanta con le spalline imbottite, paillettes, majorette e lustrini a gogo, hanno eroso e levigato le chitarre dei nostri prodi, ammorbidito le loro anime. Diceva qualcuno "Come si cambia per non morire..." ed in certi casi è quasi fisiologico rinnovarsi a patto di non svendersi troppo però.
Ebbene, le Fate Rosa sono ritornate! Hanno vagato per una decina d'anni dopo la triade fantastica dal 1971 al 1973 (non chiedetemi quale sia altrimenti mi offendo) sugellata dal leggendario disco dal vivo del 1975 al Roundhouse. Son tornati... Deus vult! Lo sancisce il motto sopracitato che campeggia tra le note di copertina di "Kill 'Em And Eat 'Em", scritto ad opera di Mick Farren, deus ex machina degli misconosciuti Deviants, band che comprende Paul Rudolph , Duncan Sanderson e Russell Hunter che insieme a Twink hanno formano le Fate. Farren non ne fa parte ma è un elemento di quel cerchio magico con relative orbite esterne (appartenenze, rimandi o presunti tali) che racchiude i nostri Pink Fairies, i Deviants appena citati, i Pretty Things (ai tempi di "S.F. Sorrow"), i Tomorrow, gli Hawkwind, Lemmy, Brian Eno, MC5, Syd Barrett (il rosa torna sempre), la ragazza in cielo con i diamanti ed il topolino che mio padre al mercato comprò. Insomma, di tutto di più.
La musica è cambiata e l'avvento dei sintetizzatori ha innescato una diatriba tra i puristi del suono digitale e gli integralisti del comitato "plettri e bacchette". I Fairies non hanno tradito le proprie attitudini passando sull'altra sponda del fiume, ma hanno ritenuto necessario svecchiare una parte del suono e delle immagini, abbandonando il tipico stile prog e psycho-lisergico delle artwork (un inganno poichè anni dopo sono ritornati al vecchio vezzo), riducendo i basettoni di qualche centimetro e, principalmente, proponendo un prodotto meno underground, con un impatto immediato, a passo con i tempi. Tesi comprovata dallo stesso titolo "Kill'em And Eat'em", un sintetico concetto che riassume al meglio la tendenza della new era, frenetica e distratta, che ha perso il tempo per la riflessione, dove tutto succede senza che te ne accorga. Un anno prima, a tal riguardo, si è espresso anche il nostro Giovanni Lindo che ha sentenziato con un lapidare "produci, consuma, crepa". ( che poi ha ritrattato rimanendo solo Giovanni, ma lo amo comunque).
Orbene, in questo lavoro i Pink Fairies sono sempre Pink e sono sempre Fairies, hanno solo ridotto un pochino lo spessore della carta abrasiva, evitando di provocare quelle brutte escoriazioni che noi, inguaribili masochisti, tanto amiamo. Senza infamia e senza lode, ma in tutta sincerità e tutto sommato è un album che mi piace. L'eredità del neonato ottantino è abbastanza importante, è vero, ma un disco non deve necessariamete essere messo a confronto con i suoi predecessori per essere giudicato buono. I Fairies picchiano gli strumenti come solo loro sanno fare e chi li conosce bene, in questo full length, riuscirà a coglierne l'anima, specie in episodi come "White Girls On Amphetamine" dove le atmosfere, in taluni passaggi strizzano l'occhio al Punk (recondite reminiscenze di "London Calling "). I Nostri incendiari londinesi hanno preso a guardare avanti, in taluni casi anche troppo, rischiando di finire nelle nasse di quella Mtv ("Fear Of Love"). Fortunatamente ne sono rimasti fuori, mantenendosi in perfetto equilibrio tra i più smussati Naked Prey del coevo "40 Miles From Nowhere" e lo scuro psicho-rock a valvole dei Bevis Frond, ben lontani dai freak show delle hit parade. Dieci passi pregni di bipolarismo musicale, digitalizzati e cristallizzati come (quasi) tutte le produzioni '80, dove affrontano profonde tematiche legate alle droghe, presuppongo autobiografiche ("Talking LSD" e "White Girls On Amphetamine") ed ai disagi provocati dalle scellerate politiche conservatrici e repressive della Thatcher. Suscita qualche perplessità la pur bella "Waiting For The Icecream To Me", crepuscolare ballata che sembra far l'occhiolino alla "magica ragazza nera" di Carlos (ma concediamoli pure il beneficio del dubbio) e l'iniziale "Broken Statue" riproposta in prospettiva Billy Idol rispetto alla bellissima versione live dei Deviants al Dingwalls di Londra nel 1984 e contenuta nell'album "Human Garbage". Per il resto si viaggia a vista, senza manovre azzardate tra le Speed-rock "Undercover Of Confusion", "I Might Be Lying" e "Fool About You", gli stati d'ebbrezza della affilatissima "Seeing Double" e il gradevole Blues di "Bad Attitude", condito dal sole e dalla polvere della Route 66, poco più di seimila chilometri ad ovest di Londra.
Nel frattempo Sergio ha mandato giù altre due birre, scervellandosi sul bizzarro e singolare episodio ed ora finalmente vede tutto chiaro. I maiali, d'improvviso, iniziano a danzare in un girotondo con gli elfi ed i topolini acquistati da mio padre; l'uomo celestiale nel momento di unirsi a loro scorge la ragazza, fino ad un attimo prima fluttuante coi diamanti per aria, riversa in terra per un' overdose di anfetamina e corre a soccorrerla mentre nel frattempo sul posto è accorso anche il peloso chitarrista...e...e..e.
L'epilogo rimarrà ignoto poichè si è addormentato ad un passo dalla soluzione dell'arcano.
Dimenticavo, Sergio è un mio vicino fricchettone, ma a ripensarci bene non ne sono proprio sicuro.
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