Esiste la grande musica rock ed esistono i Pink Floyd che fanno storia a sè nella storia della musica, tanto che alla loro terza prova discografica, dopo due lavori (ottimi) passati quasi inosservati e dopo la dolorosa rinuncia al loro Leader (ed amico) Syd Barret, anzichè tentare una svolta musicale e magari commerciale, rilasciano la colonna sonora di un film non certo hollywoodiano con alla regia un esordiente Barbet Schroeder .
Siamo nel 1969, il film e la relativa colonna sonora si chiamano More. La pellicola, non certo memorabile ma neanche trascurabile, racconta una storia di amore tra due tossicodipendenti, vissuta ad Ibiza che all'epoca dei fatti narrati era patria di giovani hippies, tra cui musicisti e poeti, un pò come Greenwich Village di New York.
La storia racconta che i giovani Pink Floyd, dopo aver ricevuto la commissione del film dal regista, si chiusero per una settimana dentro gli Abbey Roads Studios di Londra, lanciandosi in Jam sessions da cui poi vennero ricavati i tredici pezzi del disco.
Nel disco si sente molto distintamente l'atmosfera della Jam Session, in quanto nessuno dei pezzi suona "studiato" o composto, ma al contrario sembrano pesciolini catturati lungo il corso tormentoso di un fiume in piena.
Si sentano per esempio Up the Khiber e More Blues: la prima è una bellissima composizione Jazz scritta e suonata da Mason e Wright, quest'ultimo impegnato in una sbalorditiva sequenza di accordi dissonanti suonati in parte al pianoforte, in parte al suo organo, cavallo di battaglia personale e marchio distintivo della band; la seconda è una rarità blues per i Pink Floyd, che pur nascendo musicalmente in un territorio blues, non se ne sono praticamente mai serviti tranne appunto che in questo pezzo, scritto da tutti e quattro i membri, ma con una certa predominanza stilistica di Gilmour.
Crying song, Green is the Colour e Cymbaline sono tre pezzi di Waters (cantati da Gilmour). Rappresentano l'apice del disco, tre capolavori dal forte sapore folk: chissà cosa avrebbe dato Bob Dylan in anni per lui non certo facili anche dal punto di vista compositivo (sono gli anni di Nashville Skyline e Self Portait) per comporre pezzi del genere con la stessa leggerezza ed improvvisazione dei quattro giovanotti inglesi. Green is the colour è un bozzetto acustico stupendo, dal sapore blues-soul alla Van Morrison, caratterizzato da chitarra acustica e pianoforte ed impreziosito da dolci note di flauto (suonato dalla moglie di Mason). Cymbaline ha lo stesso impianto soul con una impronta più jazz, un ritonello canticchiabile (cosa non frequente nei pezzi dei Pink Floyd di quegli anni ) ed una bellissima coda finale di organo del grande Wright (tale finale nelle esecuzioni dal vivo era molto più lungo, tra le cose più belle suonate dal tastierista dei Floyd: per tale ascolto rimando agli innumerevoli bootleg live in circolazione). Crying song è una ballata folk psichedelica, molto vicina allo stile di Syd Barret, impreziosita da un bellissimo assolo in slide di Gilmour.
Altro capolavoro dell'abum è Cirrus Minor, anche questo è un pezzo composto da Waters e cantato da Gilmour. Questo brano è tra i più belli dei Pink Floyd: inizia folk, con chitarra acustica che per certi versi anticipa If di Atom Heart Mother, ma ben presto sale in cattedra lo straordinario Wright con intersezioni melodiche commoventi di Organo, Hammond e Farfisa. A mio parere questo intervento di Wright ha la stessa bellezza, sia pure in forma molto più concentrata, di quanto ascolteremo più avanti in Echoes: reputo questi due pezzi gli interventi migliori (tra i tanti) del tastierista dei Floyd.
The Nile song ed Ibiza Bar sono due pezzi Hard rock, due semi gettati lì dai Pink Floyd a beneficio di tante band che in quegli anni daranno spolvero al nuovo genere (Black Sabbath): si può dire estremizzado che abbiano inventato l'Hard Rock, disfacendosene subito: avevano altri miracoli da compiere in musica. I pezzi sono cantati con forza bruta da Gilmour che, come raccontano i presenti alle registrazioni, era volutamente brillo, proprio per dare al pezzo una forza maggiore (lo si può ascoltare anche nel suono grezzo della sua chitarra): mai più in seguito il musicista londinese, noto per ill suo stile composto, avrebbe ripetuto l'impresa.
Per molti, compresi critici e fans incalliti, questo disco non appartiene alla discografia dei Pink Floyd. Io invece lo consiglio, magari anche ai neofiti della band: sarebbe un bel modo di imparare a conoscerli e ad amarli.
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