Un mucchio di ossa si librano in volo, assieme a rose soffici e profumate.
Mai la vita e la morte hanno danzato cosi bene assieme, ansiose di scambiarsi le proprie impressioni.
L’autore di questo splendido disco si chiama Stephen McBean, già voce e mente dei canadesi Black Mountain e Jerk With a Bomb. Ma se con i due gruppi la verve era improntata su un suono decisamente classico (pur sempre psichedelico, ma con riferimenti all’hard rock d’ annata), in questo progetto solista (il secondo, per la precisione) McBean lascia galoppare la mente in territori lontani, dove si aprono porte di delicata e sofferta canzone acustica (l’iniziale “Comas” e la conclusiva “How We can get free” ) e si sprofonda nelle viscere del rock’n’roll più drogato (“New Drug Queens” ), che non è altro che stoner mischiato con la new-wave; e poi ancora più giù, in un folk luciferino e affascinate (“Plastic Man, You’ re the devil”) fino al sabba tribale lungo quasi 9 minuti di (“Slaves”) che si bagna dell’acido passato dei Primal Scream e vede una leggera luce di speranza nel canto sofferente, accompagnato da una chitarra che si contorce a sua volta.
Un disco lungo solo 34 minuti, ma capace di farci immaginare un percorso di redenzione.
Fra paradiso, purgatorio e tantissimo inferno.
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