Mi attendevo ben poco dalla terza prova dei Pink Mountaintops (progetto parallelo del leader dei BM Stephen McBean), alla luce del topolino partorito dalla Montagna (Nera) lo scorso anno.

Zero interesse quindi a dare la cosiddetta seconda chance a McBean, perchè troppa la paura di un'altra mezza delusione, già anticipata in rete dall'orribile copertina. E come spesso capita ultimamente, sono stato piacevolmente sorpreso. La vena pomposa e barocca già evidente su "In The Future" dei Black Mountain è ben presente, quasi in agguato, ma viene trasfigurata nelle melodie pop dei Pink Mountaintops, diventando qualcosa di diverso. Rimane più uno spauracchio, un monito, e il fine gioco di equilibrismo fra pomposità e ricchezza degli arrangiamenti da una parte, e kitsch e pacchianeria degli stessi dall'altra, resiste incredibilmente per (quasi) tutte le 10 tracce.

Disco sfacciatamente pop, che riprende tanto Phil Spector quanto i Jesus And Mary Chain, quindi assolutamente passatista, ma a suo modo coraggioso. E quasi presuntuoso verrebbe da dire, tanta è la voglia di scrivere pezzi che, invece di citare banalmente le fonti, cercano di creare nuovi archetipi pop per gli anni '00. Operazione ben più difficile che buttarsi nel meticciato pop in gran voga negli ultimi anni, sicuramente più propositivo (penso al lavoro fatto dagli ultimi Animal Collective, o a St. Vincent, Yeasayer, Dirty Projectors, Fiery Furnaces e chi più ne ha più ne metta), ma per assurdo più "facile", spesso figlio dell'istinto ma meno perfezionista. Il lavoro di McBean in sala di registrazione puzza di cesellatura maniacale da lontano. La chitarra ultra-fuzz (ma in lontananza) che appare a metà della lieve "While We Were Dreaming" (qualcuno ha detto Mazzy Star?), è un esempio lampante di quanto scritto sopra. Sembra un suono sbagliato, e buttato lì, ma ne è l'antitesi.

E sono proprio i piccoli particolari a rendere prezioso questo disco, e a far risaltare il quadro d'insieme. Ce ne sono tanti di piccoli momenti topici: il coro angelico che apre a forza la melodia di "Vampire" verso vette inaspettate; il fischiettare morriconiano a metà della titletrack, mentre sotto fuzz e Moog parlottano amichevolmente; il crescendo finale che risolleva dal pantano "And I Thank You"; il tambourine e quella batteria mostruosamente riverberata su "Execution".

Piccole gioie che diventano grandi con i 3 min e rotti di "Holiday": armonica, banjo, andamento lentamente velvetiano, Young e Dylan a guardare (e approvare) dall'alto.

Fra le migliori uscite pop di quest'anno!

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