2001:Pino viene da tre successi assoluti in termini di vendite,"Non calpestare i fiori nel deserto","Dimmi cosa succede sulla terra"e "Come un gelato all'equatore. Tre grandi successi commerciali,ma dal discutibilissimo a mio parere valore artistico,tre lavori che rischiano di spezzare il legame indissolubile dell'artista con il suo pubblico tradizionale che ne ha sancito la consacrazione sui grandi palcoscenici internazionali
Pino però quell'anno volta pagina e vuole riannodare i fili con il suo passato più glorioso. I suoi compagni di viaggio sono di primissiù'ordime,oltre al confermatissimo Zurzolo abbiamo Victor Bailey al basso,Mike Manieri al vibrafono e udite udite Peter Erskine alla batteria,che si alterna con l'ottimo Lele Melotti
Non semplici professionisti selezioni dal mercato,ma artisti veri in carne ed ossa che hanno condiviso il palco con veri geni nella loro irriverenza del jazz e della fusion,chi in Italia può vantare simili collaborazioni?. Le premesse ci sono tutte e Pino parte sugli scudi,"Via Medina"è un affresco della sua nativa città,Napoli e in essa si combinano due elementi tipici dell'album
La forte carica innovativa nello sperimentare e il ritorno a quelle radici musicali che lo hanno contraddistinto nel passato come "mascalzone latino". Ottima prova vocale in inglese,ottima sessione di Melotti e cantato dell'arabo Busnhaq che aggiungono ingredienti al pezzo.
Il testo richiama l'odiata-amata città,quella cityà che nel bene o nel male ne ha condizionato la personalità. "Erriva o re"brano non trascendentale,anche se il rappato di Zulù non è da buttare del tutto,il testo però sembra nè carne nè pesce.Poi arrivano i due singoli del disco,"Sara"e "Tempo di cambiare".Due brani che ripropongono purtroppo lo schema melodico di quelli che sono stati i successi più recenti dell'artista.Testi banali e scontati,melodie ruffiane e melense e sconfinamenti non di rado nella sciatteria.Per aggiungere benzina sul fuoco Pino ci propina una voce flautata,priva di anima e corposità,assolutamente inadatta alle sue capacità da interprete.
Come d'incanto però Pino riprende a cantare l'amore alla sua maniera,con quel modo meridionale di esprimere i sentimenti nella loro pienezza,sensa mezze misure,il tutto con delicatezza. Ed esce fuori la meravigliosa "Senza e te",canzone sottovalutatissima,ma degna di quel Pino che deliziava i palati di milioni di ascoltatori negli anni 80 con i suoi lavori qualitativamente più complessi e allo stesso tempo accessibili al grande pubblico
E` proprio li l'ingrediente del pezzo,testo comunicativo ed evocativo nella sua semolicità e i vibrafoni di Mike Manieri che ricreano atmosfere musicali tipiche di un "Musicante",attravereo sonorutà mediterranee,il tutto con tocchi estremamente soffici. "Mareluna conferma il buon andamento del disco,sebbene sia al di sotto del precedente in termini di qualità.Buon pezzo nel quale vi è un'armonia ben congeniata tra base musicale,con assoli tipici del mascalzone latino e un testo che nel suo essere scarno vi si aderisce pienamente.
Il testo richiama al mare dell'amata terra,che con le sue luci nella notte illumina tutti coloro che la vivono. In "Gente di frintiera" si epsrime la qualità di Pino come strumentista.
Schitarrate da bluesman scandite con grande precisione e ottima sessione del bravissimo Melotti,il tutto con un testo che racconta un lungo viaggio tra l' Europa e l'Africa,che si riflette anche nela strumentazione,propria della world music .Il flauto e le sonorità orientali fanno da contorno a "Galby,canzone non eccelsa,ma impreziosita dal cantato di Faudel e appunto dalle profusioni strumentali.
Poi c'è un altro duetto nel risco,"Africa e Africa e" con la collaborazione di Salif Keita.Pezzo sopra la sufficienza,ma che non scalda i cuori.Colpa secondo me di un ritornello piuttosto scialbo,anche se la voce di Keita e i raffinatissimi viruosismi della chitarra dello Zio salvano il brano.
Poi ascoltiamo "Lettere dal cuore",altro picco dell'album,ma verso il basso.Testo e musica piena di melassa e ritornello da singolo radiofonico,proorio di chi vuole spendere al meglio un prodotto ai giovani consumatori del mercato,ma non credendo pienamente al proprio lavoro.
Si avverta una stanchezza in schemi compositivi e sintassi già riproposte nel passato,ma che esprimono quasi una sorta di sfiducia nella propria inventiva artistica.
Pino però risorge dalle ceneri con "Acqua passata",altra piccola perla di un Pino napoletan style. Pregievolissimi gli archi arabeggianti e i soliti vibrafoni volti a ricreare quelle contaminazioni che hanno accompagnato gli album della prima fase sperimentale del Pino,di quel "Lazzari felici"cantata anche da uno come Murolo.
La sua voce paradossalmente appena canta il napoletano smette di irritare le orecchie di l'ascolta e ritorna il vocione da animale di palcoscenico,che segue alla perfezione le notte ed emette degli acuti di rara bellezza."Quann l'ammore è gruoss nun fennedce mai"una rimembranza di quello che è stato l'Eduardo in musica,un cantautatore dalla vocalità forte,ma che vi abbina la delicatezza delle parole.
Giudizio sull'album:6,5.Album non eccelso nel suo complesso e non imprescindibile per gli apassionati. Dico nel complesso,perchè due canzoni sono da "best of" e tre o quattro sono di ottima fattura,il tutto accomoagnato purtroppo come in un altalena da imprevisti picchi verso il basso,sulla falsa riga di Amore senza fine o Che male c'è
Ma è un 6,5 diverso da altri,commentare un disco di Pino del genere e un disco della mia odiata "nicchia"o di quegli artisti che pur avendo ottime qualità non hanno mai scritto la storia del proprio genere è come paragonare Maradona ad un buon giocatore. Pino,come il dieci nelle sue peggiori prove risce a tirare fuori colpi di genio che gli altri non riescono nemmeno a pensare e che "rischiano"di farci vivere esperienze indimenticabile e di far saltare gli schemi della "partita".
Consigliato,con un asterisco,"Senza e te"e "Acqua passata due capolavori,soprattutto il primo. Degni di ascolto anche gli archi e le profusioni orientali di un"Via medina"o di "Gente di frontiera"il tutto con interpretazioni strumentali impeccabili sotto ogni aspetto
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