Florian Fricke (1944-2001) è stato un grande artista dimostrando di “avere la visione delle cose”: il musicista tedesco ha sempre avuto un grande interesse per le religioni e per il loro potere taumaturgico e curativo: Fricke ha studiato i libri sacri ricercando le verità esoteriche di tutte le dottrine giungendo a una sorta di sincretismo culturale. Questo background filosofico e spirituale si traduce in una concezione musicale misticheggiante: voleva creare con la musica uno stato di catarsi rendendo interiore ciò che era esteriore.

Questo filosofia nei primi album dei Popol Vuh si concretizzava in lunghi e monotoni brani elettronici che miravano a infondere la catarsi nell’ascoltatore mettendolo in contatto con il proprio Io. Sicuramente c’era un approccio profondo e non superficiale nella musica, una cosa oggi non così comune.

Affenstunde” (“L’ora delle scimmie”)– pubblicato nel 1970 dalla Liberty - è un disco “storico” nell’evoluzione della musica elettronica. Fu il primo album in cui venne utilizzato il sintetizzatore Moog (per la precisione il Mood III Modular Synth) in modo artistico e creativo (due anni prima, nel 1968, Wendy Carlos lo aveva usato nel famoso “Switched On Bach” dove aveva adattato con il sintetizzatore e reso “popolari” per il grande pubblico alcune delle arie più note di J.S.Bach).

I Popol Vuh con “Affenstunde” si collocano fra gli esponenti di spicco dell’avanguardia europea e della nascente Musica Cosmica tedesca dei vari Klaus Schulze, Tangerine Dream (gruppo con cui Fricke collaborerà nella pietra miliare “Zeit” suonando il Moog in “Birth Of Liquid Plejades”), Ash Ra Tempel, Mythos e Limbus. Tuttavia l’originalità del progetto e la sua propensione spirituale rispetto ai loro colleghi è evidente. L’album è strutturato in due lunghe composizioni elettroniche: “Ich Mache Einen Spiegel” e “Affenstunde”.

La prima traccia è divisa in tre sezioni, probabilmente estratti di una lunga sessione di improvvisazioni. In “Dream Part 4” ascoltiamo effetti elettronici sperimentali e drone music mentre la successiva “Dream Part 5” è caratterizzata dall’efficace uso delle percussioni da parte di Holger Trulzsch, con Frank Fiedler (al synth) uno degli altri membri dei Popol Vuh. “Dream Part 49” è invece quieta e Cosmica e trasporta la mente in sperduti monasteri tibetani. La title-track “Affenstunde” inizia ancora con percussioni tribali e effetti elettronici finché voci ultraterrene lasciano spazio al Moog di Florian Fricke: a questo punto sull’ascoltatore si schiude il Velo di Maya mostrando la realtà nella sua essenza liberando i vostri demoni personali e mettendovi in relazione con il vostro Dio personale.

Siamo dalle parti di un puro misticismo elettronico che surclassa tutta la new age successiva e anticipa musicisti ambient influenti come Steve Roach. L’intensità e la trascendenza di questa musica non state probabilmente raggiunte da nessuno in seguito. Il successivo “In Den Garten Pharaos” (1971) sarà un altro grande classico mistico e esoterico che confermerà il genio di Florian Fricke. Tuttavia il fascino senza tempo di “Affenstunde” – da alcuni ritenuto ingiustamente un album acerbo – rimane immutato. SI tratta di un diamante grezzo che continua a diffondere la sua luce trascendente ancora oggi. Un album per visionari e viaggiatori Cosmici .

Dopo “In Den Garten PharaosFlorian Fricke ebbe una profonda crisi spirituale che lo portò ad odiare letteralmente la musica elettronica. Vendette così il suo Moog a Klaus Schulze e il suo interesse si spostò verso la purezza incontaminata degli strumenti acustici. Questa nuova fase culminerà con il capolavoro epocale di “Hosianna Mantra” (1972). La carriera della carovana mistica dei Popol Vuh proseguirà a pubblicare capolavori fino a “Einsjager und Siebenjager” (1974). Poi ci sarà una lieve flessione ma la qualità della loro musica resterà in ogni caso (come in “Nosferatu” – 1979 - e “Die Nacht Der Seele” – 1979 -) sempre su ottimi livelli.

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