C'è stato un tempo in cui il tenero Giacomo si accontentava della radio e di qualche monetina per il juke-box. Oggi si sforza invece su una musica talmente complicata che gli fa perdere un pochino la pazienza.

I brani sono così lunghi e ambiziosi che “le discese ardite e le risalite” in confronto son meno di niente.

E, quando gli amici discutono su chi sia il tastierista più bravo a guidare il passo, lui rimpiange il Bar Agip e le semplici canzoni che li si ascoltavano.

Ma aldilà della precoce nostalgia, Giacomo è uno che vuol stare al passo coi tempi e quindi si impegna, studia, ascolta. Qualcosa gli garba, qualcos'altro gli piaciucchia, ma insomma è abbastanza chiaro che il suo mondo è un altro. “Live in Usa” non fa eccezione, è un buon disco certo, ma soffre/gode degli stessi difetti/pregi di quasi tutti gli album progressive.

Solo che in “Live in Usa” c'è una gemma nascosta che si chiama “Dove...Quando...”. Ne ho sempre immaginato il titolo scritto in minuscolo, perché il suo fascino sta anche, se non soprattutto, nell'essere una cosa piccola. Se poi aggiungiamo quei puntini di sospensione non serve dire altro.

Il nostro Giacomo è però colpito e affondato dalle parole, sia in sé stesse, sia per come vengono interpretate. Quella voce da non cantante potresti essere tu, potrei essere io, ma soprattutto potrebbe essere Giacomo.

E quando arriva quel “principessa serena del tempo che avrò” è davvero una specie di epifania. Ma per capire il perché dobbiamo lasciare la radiocronaca di questo 1975 e fare un salto in quello strano futuro che è il venti/ventidue attuale.

Eccolo li, il tenero Giacomo. Il tempo è stato abbastanza generoso con lui, non tanto nell'aspetto fisico, ma in qualcosa di ben più speciale. Come vecchi eroi ci sediamo al bar e il discorso cade ben presto sulla nostra antica passione musicale. Ecco quel che mi ha detto:

“Dove...Quando... era un piccolo mantra personale che cantavo tra me e me. Avevo l'impressione che mi riguardasse, anche se non sapevo esattamente il perché. Oggi lo so. Quella principessa serena era la poesia nel suo primo apparire. Cantarla era il mio modo di darle il benvenuto”.

Inutile dire che mi sono commosso. E che questo disco pieno di difetti è uno di quelli a cui sono più affezionato. Che poi, difetti...

Quali difetti?

Trallallà...

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