Ai più questo lavoro a quattro mani sembrerà sordido, superfluo, ma eccovi la tenzone che ha visto coinvolti gli spocchiosi ed impertinenti De…Marga e Almo a proposito del nuovo LP dei Primus, “The Desaturating Seven”, in uscita il 29 settembre (evidente omaggio a Mogol).

Questo LP merita una accoglienza tutta dispari, cioè senza pari. Dopo aver speso una vita ad odiare gli elfi, Les Claypool, finalmente, si decide a dedicare un intero album ai goblin. Se sentirete dire che l’ispirazione viene da un libercolo che Claypool leggeva ai figlioletti per farli addormentare, si tratta, per l’esattezza, di balle! La realtà è più prosaica. Il punto è che il goblin è basso, e Les cosa suona? Poi il famigerato Clash Royale, coi goblin cerbottanieri, notoriamente figli di cerbottana, ha fatto il resto. È risaputo che lui ci giochi in maniera compulsiva e non faccia uso di pseudonimo.

Dopo “Green Naugahyde”, Les ha fatto per due anni il custode alla banca dei maghi Gringott, poi si è alleato con Sauron per realizzare “Primus & The Chocolate Factory With The Fungi Ensemble”, nella location segreta di Arda. Quindi, risolta qualche grana legale (ventiquattro, n.d.r.), è tornato con gli amici di sempre, Tim e Larry per fare un po’ di quello che sa fare meglio: polpa di polka psichedelica.


Les si impone, qui definitivamente, come contrappuntista, come architetto, ma anche come maestro, per il quale la danza è ragione di vita e fonte costante di stimolo. Così, stavolta, rende omaggio alla Polonaise, al Minuetto, alla Giga e alla Sarabanda. La stessa idea che aveva avuto Bach per i Concerti Brandeburghesi. Les è proprio un grande! Se ne è accorto anche Sean Lennon, che ha voluto cointestargli un album.
I testi sono curati, soffrono un po’ del rachitismo tipico dei goblin, ma sono curati.
Potremmo dire che il brano di lancio, “The Seven”, il classico tormentone estivo, assomigli vagamente a “Here Comes The Bastards” e, invece, no. È solo identico spiaccicato. Ma che importa? Gli altri sei pezzi, oltre a fare bella mostra dell’ articolo determinativo, stanno a metà strada tra “Salmon Man” e “The Last Salmon Man”. Dopo tre giorni puzzano. A memoria plautina.


Le acrobazie del basso non sono meno spettacolari che in “Antipop” e si avvicinano ai fasti di “Rhinoplasty”. Quindi Les è sempre Claypool, anche se qui, udite, a farla da padrone è Larry LaLonde: ad alcuni potrebbe sembrare “un impazzito e assurdo incrocio tra Alex Lifeson dei Rush e Robert Fripp” dei Giles, Giles & Fripp. Ma, ai più attenti, non sfuggirà la somiglianza con Dorothy "Dot" Wiggin, chitarra solista delle Shaggs. Quanto a Les, evidentemente ci sono sempre delle grandi signore dietro a un grande gruppo, lui sembra sempre più a Rachel Wiggin, la quarta Shaggs. Barba compresa.
Insomma, “The Desaturating Seven”, non sarà certo come navigare in un mare di formaggio, ma almeno una pestata ad un Formaggino Mio, sì. Quello sì.



Orbene, or dunque mi sovviene, a questo punto, una domanda a me stesso: giunti i Primus al traguardo del nono album, riusciranno ancora a sorprenderci, se non ad entusiasmarci? Per quanto mi riguarda nessun dubbio a proposito: ci riusciranno eccome e non è cosa da tutti i giorni e da tutti, tenendo presente del generale appiattimento di valori musicali in questi ultimi anni. Nella loro ormai quasi trentennale carriera sono riusciti nell'intento di "demolire" e fare a pezzi la struttura della musica popolare, passando senza alcun problema dal Rock al Blues, dal Funky al Jazz, con una spruzzata di acidosa psichedelia progressiva che infiamma il tutto. Ricomponendo poi la loro esplosiva miscela sonora ed andando a creare un crossover generazionale che ha preso spunto da una triade di artisti sensazzzionali (sì, con tre zeta perché rende di più l'idea... PORK SODA!!): lo zio Frank da Baltimora, il Capitano Cuore di Manzo ed infine, last but not least, quel Tommaso che, aspetta, di cognome fa Waits.


Il disco, come il solito, è stato pensato, composto, registrato nella casa-studio di Les, quel "Rancho Relaxo" dove sicuramente regna un clima speciale, una distensione infinita che spinge i nostri musichieri a dare sempre il meglio di sé. Però bisogna fare i conti con i due figli del bassista (“Los Bastardos”, secondo voci di corridoio…) che anche questa volta hanno cercato in tutti i modi di complicare le cose, disturbando pesantemente la band, sviandola dalla ricerca perfetta delle loro sconclusionate trame strumentali.
Tempi pari, tempi dispari, tempi svergoli e strambi. Basso liquido, chitarra che sembra sempre da tutt'altra parte. La batteria secca, tagliente è il biglietto da visita del rientrante Tim (sempre sia lodato il suo proverbiale tocco ritmato, in controtempo che cementifica ancora una volta, quel suono aitante, stimolante e florido, che mai mi stancherà).

Ho ascoltato, come tutti del resto fino a questo momento, solo il singolo apripista: ma mi è bastato, con quelle linee di basso così precise, liquefatte, incessanti ed un finale che vira inaspettatamente verso i Rush, ma anche verso il Re Cremisi. Ma sono sempre e soltanto i PRAIMUS, i numeri UNO da sempre e per sempre.

Le sedute di registrazione, come al solito, sono state rapidissime perché si narra che i tre astanti non apprezzino troppo l'acqua nella sua forma liquida. Si lavano assai poco e si deduce che puzzino alquanto, se non parecchio; del resto PRIMUS SUCKS (appunto e virgola).
O tempora, o mores! Primus haec intellegit.

Detto questo concludo con una considerazione: chiunque da tempo bazzichi per Debaser dovrebbe ascoltare il disco almeno una volta, anzi due, tre, quattro, cinque, sei...THE SEVEN...!!!

Ad maiora. Ad maiora.

De…Marga & Almotasim

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