Dal Canada con furore ecco ritornare a quattro anni di distanza dal precedente “Day Into Night” i Quo Vadis, band di belle speranze dedite ad un Death metal tecnico con numerose sfumature melodiche. E’ dunque nel 2004 dopo un lungo periodo di lavoro che nasce il nuovo “Defiant Imagination”, uno di quei lavori che da subito riesce ad attirare l’attenzione del fruitore medio metallaro amante del techno-metal, grazie alla sua capacità di coniugare con ottimi risultati la melodia tipica del death scandinavo di bands come At The Gates, primi Arch Enemy e simili, con la tecnica di mostri immortali quali Atheist, Cynic e Death; a tutto questo va aggiunta la voglia di questi giovani canadesi di contaminare la loro musica con accenni spiccatamente derivati da un certo progressive metal americano che tanta fortuna a portato indovinate un po’ a chi?? Si a loro… i Dream Theater.

Singolarmente i membri che prendono parte al disco si dimostrano degli strumentisti dalle capacità tecniche assolutamente sopra la media, si parte dal growl profondo e gutturale (quasi di stampo brutal) del cantante Stéphan Paré, ai riffs e solos di Bart Frydrychowicz, il tutto condito da una delle migliori coppie per quanto riguarda la sezione ritmica, formata da Yanic Bercier alla batteria, che risulta essere in assoluto uno dei migliori drummers della scena estrema con la sua capacità di variare ritmi e sparare dei tappeti di doppia cassa in maniera tanto naturale da far sembrare il suo lavoro un gioco adatto a bambini alle prime armi con lo strumento; al basso poi (rullo di tamburi) niente po’ po’ di meno che Steve DiGiorgio pluri-lodato bassista di Testament, Sebastian Bach, Death e altre numerose band.

Musicalmente il disco si presenta abbastanza diretto e non si perde mai in inutili evoluzioni strumentali che sono tipiche del metal più “avanzato” e le canzoni si attestano tutte su durate medie che non superano mai i 6 minuti se non in “To The Bitter End” che tocca i 7 minuti; è forse proprio l’immediatezza e la lunghezza generale dei brani l’arma segreta del gruppo che condensa in pochi minuti tutte le caratteristiche di cui sopra si parlava, riversando addosso a chi ascolta un vero e proprio muro sonoro che non lascia scampo: si alternano così pezzi come l’opener “Silence Calls The Storm”, pezzo estremamente rapido ed “in your face”, che non lascia il respiro, condotta eccellentemente da Stéphan, sostenuto a sua volta dal gruppo che compie delle gesta davvero di gran classe, proponendo dei riffs di chitarra estremamente potenti ma di una metodicità strabiliante, con un sottofondo ritmico da far rizzare i capelli; ancora l’ultimo episodio di “Element Of The Ensemble  part IV" in cui questa volta a fare faville è DiGiorgio che spara uno dietro l’altro assoli di grande complessità, ai quali fanno da cornice delle chitarre possenti e un batteria estremamente rapida per quanto concerne i pedali.

Da citare anche il breve “In Articulo Mortis” che ci riporta, con i suoi canti in latino e la sua atmosfera tombale, alle atmosfere più tetre del primo “Forever”. Questo breve intramezzo musicale apre poi le danze a quello che forse è il pezzo più oscuro del disco, “Fate’s Descent”, una vera e propria mazzata sulla bocca dello stomaco, in cui le melodie e la sezione ritmica si fa decisamente più pesante e il growl di Paré raggiunge livelli di bassezza nei toni raramente toccati fino ad ora.

Senza che vi sto qui a rompere con il track by track, il resto delle tracce scorre via in maniera estremamente fluida, mantenendo sempre alta la tensione e senza dunque mai abbassare il tiro.

In definitiva questo “Defiant Imagination” è davvero un lavoro pregevole adatto a tutti coloro che cercano nella musica caratteristiche quali aggressività, eleganza e ricerca tecnica, quest’ultima senza che però mai sfoci in un mero esercizio. Il disco in questione è dotato per altro di una produzione di altissimo livello che rende giustizia al lavoro svolto da ogni singolo musicista, sottolineandone le prove agli strumenti e donando all’intero platter un suono pulito e chiaro senza risultare però plastificato.

Mi sembra di avervi presentato più o meno ciò che dovete aspettarvi da questo lp, non mi resta altro che augurarvi un buon ascolto.

 

P.s. L’unico difetto di questo disco è che in alcuni frangenti risulta un poco freddo emotivamente, specie se raffrontato ai lavori passati della band, leggermente più ricchi d’animo.

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