Il fatto è che dovrei uscire di casa fra un paio minuti scarsi quindi di tempo per scriver qualcosa che abbia minimamente senso, rileggere, controllare i passaggi non ce ne è. Devo buttar giù tutto alla rinfusa, senza ordine e precisione. Andare a far coincidere la battitura con l'andamento della musica, destrutturare e cercar di far meno danni possibili. O forse rimaner stordito e scriver lo stesso, imbambolato e incastonato nella brevità e nell'assoluto splendore di questo split fra due realtà underground che stan spintonando per venir a galla in una scena in cui si trova sempre nuovi scenari dove immergersi e non voltarsi più indietro. Loro sono i Rainmaker, dalla Svezia con furore. Loro sono gli Øjne dall'Italia con altrettanto furore, caro Steinbeck. Qui dentro ci son manco 10 minuti di screamo, ma non m'importa, c'è abbastanza da scriverci sopra. Sarò sintetico: pigliatelo. È breve, è dannatamente incisivo e sì, maledizione funziona tutto da Dio.

Viva la globalizzazione. I ragazzi di Eslöv piazzano il loro colpo assestando un gancio in pieno faccia a suon di francese. È il peso delle ombre, "Le Poids Des Ombres" che fa da apripista verso "Da Qualche Parte, Nel Momento Giusto" dove di danese c'è solo il monicker. Io vi posso dire questo, ribadendolo: è tutto molto bello. Sì, vabbè non sarà un pensiero articolato alla David Foster Wallace, anzi, pare uscito dalle merendine Kinder in sconto, ma cosa vuoi dire di più? Le armonie malinconiche e che di primaverile non hanno proprio nulla, anzi ti catapultano in autunno in cui l'arancione delle foglie si divora il tramonto dell'ultima estate. Emozioni che vengono inghiottite e lasciate trasparire nell'apatia e nella nostalgia di un vento sferzante che infastidisce lo sguardo, ostacola la visione e rimanda alla furia cieca degli scatti schizofrenici di batteria e chitarre che fanno trasparire un'irrequietudine costante. Le voci son quelle dai, lo sapete, vi dico screamo vecchia scuola alla Saetia e non puoi che preparati ai graffi esasperati, che ribollono nelle zone morte e tentennano in fragili spoken word. Non vale manco dire quiete prima delle tempesta, è solo un viatico in cui i Rainmaker cullano una speranza che brucia inesorabilmente e dove gli Øjne cercan di prender fiato, respirare per chiudersi ermeticamente in escalation tormentate. C'è rassegnazione, ma ci son anche delle labbra che provan a sorridere, a veder oltre e ribaltare la situazione.

Il pezzo degli Øjne mi rimbomba nelle cuffie e guardo il mio portafoglio aperto, lì, buttato sul letto. E allora, amen, decido di dar un taglio diverso per chiudere la recensione di questo split che, giusto per ripetervi, è imperdibile (tanto sul Bandcamp è pure free/offerta libera). Vedo biglietti di viaggi in treno, scontrini di ristoranti, foto di polaroid. Tanti, troppi, pezzi di carta con delle frasi sbiadite fatte probabilmente da una biro nera. Lo so, son un caso umano, ma il mio portafoglio è un po' così. Una collezione di ricordi estemporanei che non voglio buttar via, ma che mi porto sempre dietro: da settimane, mesi, anni, poi vabbè, succede che a fine marzo son partito, lontano, da tutto e da tutti. Dai legami intrecciati da anni. Un cambio di direzione che ho desiderato, voluto, ma che porta con se la fottuta nostalgia canaglia. Veder parole tratteggiate su foglietti fra un dollaro e un quarter, beh, son una discreta mazzata, credetemi. Frammenti di una vita che sento distante, che al tempo stesso però è vicina, ma che non può esserci per forze di cose in un gioco d'ossimori e specchi. Succede allora che mi trovo lì a conservar le parole sui fogliettini a quadretti come se fossero un Cezanne originale. Non devono scomparire. Devo creder che resteranno per sempre, oltre il tempo che rapisce e allontana. In tutto questo parte l'ultimo minuto del pezzo degli Øjne e allora io alzo bandiera bianca:

"Ma il tempo è passato in fretta e se dovessi cancellare tutto//proverei quantomeno a tenere questi biglietti sbiaditi dei treni//tutti scaduti da anni. Fingerei che valgono ancora,
che non prenderei una multa//che al capolinea ci sia qualcuno in piedi ad aspettarmi//incurante del freddo e dei ritardi."

Fanculo, sta frase è mia. E l'ultimo minuto di sto brano, non per far i campanilisti, è il punto più alto di questo split. Mi dispiace Rainmaker, adoro anche il vostro pezzo, ma ora al diciasetteaprileduemilaquindicioreventidueeventidue gli Øjne han vinto tutto, calibrando in così poco spazio uno screamo liberatorio, che deflagra e crea l'ennesimo tassello per un futuro radioso (che già gli avevo augurato dopo Undici/Dodici). Vabbè, più che recensione è lo sfogo di un quindicenne? Ve lo concedo, ma come detto, devo uscire, non ho voglia di cancellar nulla, prendete sto scritto per quello che è. Capolinea.



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