Una giovane donna incarica il detective Philip Marlowe di cercare il fratello scomparso, per un compenso di 20 miserabili dollari. Questa la situazione da cui si sviluppa la trama del romanzo “La sorellina” di Raymond Chandler.

La prima volta che l’ho letto, mi ci sono messo per uno motivi più sbagliati che ci possano essere per leggere qualsiasi tipologia di libro. Nel tempo avevo finito per leggermi tutti gli altri romanzi di Chandler e mi rimaneva solo questo, ed un tarlo nella testa continuava a dirmi leggilo, leggilo, per potermi ritenere un completo conoscitore dell’autore. Cazzata.

Quella prima volta avevo anche pessime aspettative essendomi fatto influenzare da alcune recensioni che lo definivano il peggiore dei suoi romanzi. L’ho letto di malavoglia, distrattamente, e solo verso la fine qualcosa mi è rimasto appiccicato alle meningi. Un’idea confusa, qualcosa di strano rispetto al solito Chandler: una chiusura del cerchio in stile whodunit. Poteva essere? Non ho verificato subito, mi sono detto che l’avrei letto un’altra volta più attentamente per avere conferma di quella vaga idea, intanto potevo attaccarmi la medaglia che volevo al petto.

Così la seconda volta che ho letto il libro l’ho fatto per uno dei motivi più sbagliati che secondo me ci possono essere per leggere un romanzo di Raymond Chandler: la ricerca di una trama interessante. Per conto mio, nel leggere Chandler non c’è di meglio da fare che godere di un po’ di cose che con una trama interessante non c’entrano nulla. C’è da godere del suo stile, dei dialoghi che costruisce tra i suoi personaggi, e soprattutto c’è da godere del punto di vista con cui Philip Marlowe guarda il mondo. Il fatto che tutto sia inserito in una trama più o meno interessante è quasi irrilevante.

La terza volta che l’ho letto è stata quella buona. Le parole occorre farsele rotolare nella mente senza fretta. È opportuna una lettura dilatata e concedersi una parentesi nella propria vita in cui approfittare della mano sulla spalla di qualcuno da cui sentirsi dire: “guardalo da questo lato il mondo, può essere che non faccia più tanta paura”. Il tipo d’uomo che ad un’affermazione di una sua cliente come: “Non mi sentirei di assumere un investigatore che faccia uso di alcool in nessuna forma, non approvo nemmeno il tabacco”, riesce a ribattere “non avete nulla in contrario se pelo un’arancia?”. Il tipo d’uomo in grado di approcciare la solitudine del suo ufficio dopo dure vicissitudini con pensieri come : “Parlavo alle scaglie dell’alligatore, un alligatore che si chiamava Marlowe”.

Tornando brevemente alla seconda volta che l’ho letto, ho poi notato una struttura del romanzo che in effetti in qualche modo è riconducibile al giallo “inglese”: tutte le informazioni per arrivare alla soluzione della questione sono disseminate lungo il racconto, ed il tutto lo si evince dalle conclusioni finali del detective.

E mai dare retta alle recensioni. Costretto a fare una classifica gli preferirei forse “Il lungo addio” e “Addio mia amata”. Forse. Ma non ne sono così sicuro.

Il genere è: Hard Boiled (non è elencoato tra i generi della procedura guidata)

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