Mettiamolo subito in chiaro:questo cd è un capolavoro.Non rompete con la scarsa tecnica,i suoni incerti,la brutalità eccessiva,la scarsa originalità degli assoli,blablabla.
Questi sono i Death del primo,devastante periodo,quello di “Scream Bloody Gore” tanto per intenderci,quindi non aspettatevi melodia o tecnica sovrumana o tempi ragionati o jazzisti in circolazione,perché vi sbagliereste di grosso.QUESTI sono i primi Death,i Death del 1988,un anno dopo lo storico “Scream Bloody Gore”.
Quest’arma atomica (nessuno ne ha scoperto la possibilità d’uso per scopi bellici,altrimenti addio pianeta Terra) contiene 8 schegge di thrash-death metal gradevolmente grezzo,editato nel periodo durante il quale i Death erano una band con più voglia di suonare che tecnica,profondamente influenzata da band come Venom e Slayer che all’ epoca spopolavano tra i metallozzi.
Velocità a volte incomprensibile,assoli tipicamente slayeriani (ogni tanto vi domanderete se state ascoltando “Reign In Blood” o i Death),growl cupo e furioso,registrazione pessima per il budget limitato,tecnica che comincia a comparire qua e là a sprazzi e testi assai più maturi del predecessore fanno di questo cd un capolavoro del death-metal.
Ma passiamo all’analisi della situazione del gruppo.La line-up è stravolta rispetto a “Scream…”,infatti troviamo sempre Charles “Chuck” Schuldiner (R.I.P) alla chitarra e alla voce,mentre alla seconda chitarra troviamo il panciuto Rick Rozz (pseudonimo dietro il quale si nasconde l’entità rotolante contadina,come suggerisce il falso cognome, che risponde al nome di Frederick DeLillo),Terry Butler al basso e Bill Andrews alle pelli.
Questi quattro elementi hanno dato vita ad un cd tra i più cattivi del metal,purtroppo sottovalutato,ma che personalmente non esito a definire il capolavoro dei PRIMI Death.
Siamo lontani anni luce da perle come “Human” o “Individual Thought Patterns”:ci troviamo infatti di fronte ad un incazzatissimo Chuck,che ripresenta la filosofia con cui aveva composto il precedente:”Questo è ciò che voglio suonare,e lo suono.Se voi stronzi volete comprarlo,compratelo,sennò,bè,andate a fanculo,tanto di voi non me ne frega proprio nulla”.
La registrazione è pessima,il rullante della batteria è veramente intrusivo e spesso fastidioso,anche a causa della sua frequenza:infatti in questo cd è presente una quantità industriale di tupatupatupatupa,che i Death avevano ereditato dagli Slayer.Ad ogni modo ci troviamo di fronte ad un lavoro assai più maturo del predecessore:canzoni come la bellissima title-track,”Born Dead”,”Pull The Plug” (il miglior pezzo dei vecchi Death secondo me) o “Open Basket” sono ormai entrate a far parte dell’immaginario collettivo death.Chuck come al solito sforna una carrellata di growl distruttivi,spesso accompagnati da urla e eco non molto rassicuranti.
Gli assoli cominciano a mostrare una certa padronanza dello strumento,anche se siamo a chilometri dai virtuosismi di “The Philosopher”:Chuck mostrava comunque di aver compiuto un notevole salto di qualità rispetto a “Scream…”,presentando i soliti assoli tipo Slayer,abusati di tappino e tremolo su note altissime,ma più interiorizzati e personali,e dal successivo “Spiritual Healing” saranno assolutamente privi di influenze ma molto personali ed assai espressivi.Insomma,un album che,sebbene pieno di difetti,è una pietra miliare nella tappa percorsa dai Death e purtroppo interrottasi prematuramente.
Un disco devastante,anche troppo,insomma,ma che segna una tappa nell’evoluzione musicale dei Death,allora quasi irriconoscibili.Ascoltatelo,e capirete quanto bello doveva essere stato avere,nel 1988,17 anni per dire agli amici:”Ehi vecchio,è uscito Leprosy,l’ultimo LP dei Death,cose da sfasciare la testina del lettore del giradischi!!!!!”.
P.S.Da segnalare la stupenda copertina,non a caso realizzata dal grandissimo Edward Repka,lo stesso della mai troppo elogiata sleeve dei Megadeth su “Peace Sells…” e “Rust In Peace”.
P.P.S:Per favore fatemi sapere le vostre impressioni sulla recensione,così magari la prossima volta posso migliorarmi.Grazie.Tanti saluti a tutti.
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