1974 - "Starless and Bible Black"

Oggi parliamo del discusso episodio centrale di una storica trilogia, cominciata nel 1973 e conclusasi con un inno al colore rosso; un'opera di transizione che da sempre suscita forti contrasti tra i fans, divisi sull'oggettivo valore di quello che da un lato sembra un rifugio caldo ed accogliente, mentre dall'altro appare come un demone pronto a sbranarci i timpani al primo timido e riverente tentativo d'ascolto.

Ciò che più mi lascia perplesso riguardo alla questione è la disarmante facilità con cui molte persone liquidano quest'album, etichettandolo come inascoltabile, improvvisato e, almeno per metà, inutile ed incomprensibile, quando invece, con un minimo d'attenzione, risulta evidente come gli Henry Cow, pur non riconquistando le vette dell'esordio, abbiano confezionato un altro ottimo esempio di pionieristico avant-progressive spinto al limite dello sperimentalismo, che, allo stesso modo del suo (seppur di diverso genere) crimsoniano cugino, fa dell'improvvisazione e della relativa carenza melodica un determinante punto di forza e di carica creativa.

Ma procediamo con ordine... Dopo la pubblicazione di LegEnd, il sassofonista Geoff Leigh, conscio dell'inesorabile allontanamento del gruppo rispetto alle sonorità jazz alle quali era così strettamente legato, decise di andarsene, lasciando così campo libero alla giovanissima fagottista Lindsay Cooper, la quale, fresca dell'esperienza con i Comus, aveva già aggiunto al proprio curriculum musicale l'uso dell'oboe e del flauto. Grazie alla sua presenza il complesso riuscì effettivamente a lasciarsi alle spalle i timbri canterburyani degli esordi e a dirigersi, senza alcun indugio, verso lidi all'epoca pressoché inesplorati ed incompresi, data la loro natura estrema e priva di compromessi o definizioni.

"Unrest", frutto di quest'indagine sonora, è, come già accennato, una creatura artistica dalla doppia personalità. Da un lato infatti reincarna il chamber rock nato l'anno precedente, con lunghe ed intricatissime composizioni costruite nel dettaglio, dove risplendono gli intrecci tra la chitarra di Fred Frith ed il fagotto di Lindsay ("Bittern Storm Over Ulm"), la superba perizia strumentale del bassista John Greaves incorniciata da romantiche e seducenti effusioni pianistiche ("Half Asleep, Half Awake") e l'ingegnoso nonché personalissimo stile del batterista Chris Cutler, intento ad inseguire le fuggevoli apparizioni dei fiati di Tim Hodgkinson, occasionalmente accompagnati da Fred, alle prese con il violino o lo xilofono ("Ruins").

L'altra faccia della medaglia consiste invece in brevi episodi del tutto improvvisati (ad eccezione del conciso "Solemn Music", unico pezzo registrato dell'adattamento musicale di "The Tempest" di John Chadwick) e massicciamente alterati in studio tramite modifiche ai nastri e ai canali audio, folli sovraincisioni e registrazioni a velocità differenti (vi dice niente "Neu!2"?). Se il lato A del disco potesse essere descritto come un oscuro ma innocuo cielo senza stelle, il lato B, a causa dei motivi appena descritti, non potrebbe essere altro che la perversa bibbia nera dei Cow, i quali, mediante l'uso di testi nonsense ed inquietanti vocalizzi ("Linguaphonie"), raggelanti sfuriate chitarristiche tenute a malapena a freno da un reparto ritmico piuttosto disciplinato ("Upon Entering the Hotel Adlon") e sinistri temi di fagotto e sassofono ("Arcades"), crearono un manufatto tetro e disturbante, soltanto alla fine minimamente rischiarato dalla voce di John e dal profondo e drammatico suono del piano ("Deluge").

Al termine delle registrazioni i nostri avanguardistici beniamini se ne andarono in tour con Captain Beefheart, lasciando Lindsay nei pressi di Canterbury a dare una mano agli Egg, durante le sessioni in studio di "The Civil Surface", perlomeno fin quando gli Henry non si ripresentarono con l'idea di unirsi agli Slapp Happy, dando vita ad una collaborazione breve ma ricca di sorprese che, oltre a generare due splendidi lavori, avrebbe gettato le basi per numerosi ed interessantissimi progetti futuri.

Carico i commenti...  con calma