A.D. 1974 D.C. Dalle prime esperienze del Folkstudio al primo vero album in uno studio discografico. Grazie a Vincenzo Micocci, il giovane artista Rino Gaetano può finalmente riassumere per la prima volta le sue idee in un disco come i suoi miti d'infanzia, i vari De Andrè, Bob Dylan, John Lennon e altri. Ed ecco "Ingresso Libero", appena 2 anni dopo l'esordio discografico di De Gregori e Venditti con "Theorius Campus", i quali, un anno dopo avrebbero entrambi ottenuto un primo successo con "Alice" e "Mio padre ha un buco in gola". A questo punto non resta che chiedersi: "Come è possibile che questo primo lavoro sia passato in sordina e nessuno, tra pubblico e critica, si sia accorto di questo grande cantautore?"
Nuovo linguaggio, nuovi temi, nuovo stile, impegnato e scanzonato al contempo, autobiografico e fantasticato, ironico e confidenziale. In "Ingresso Libero", se pur in stato embrionale, ci sono tutti gli ingredienti della poetica del crotonese di adozione romana. L'amore per la sua terra in "Ad esempio a me piace il Sud", nostalgica ballata in cui si esaltano i valori del "contadino" tipici del paesini del Mezzogiorno, e vengono descritte sensazioni che "se mai qualcuno capirà/ sarà senza'altro un altro come me!", perchè tra spiegare e comprendere un sentimento ci passa l'esperienza di chi lo vive. Quindi "A.D. 4000 D.C." ci porta in un assurdo futuro strampalato che, tra "scimmie cloroformizzate", "cielo zabaione sangue e miele" ed un "venusiano emigrato", lascia ampi spazi a riferimenti al presente, come un "quadro di Guttuso" e "il fallimento di Sapporo", perchè "è una ruota che gira, che gira e se ne va", in una sorta di corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico.
Segue la fumosa "A Khatmandu", ermetica filastrocca con ritornello ironico in sola rima baciata con finale in "u" accentata, insistendo in uno schema ritmico già di per sè scherzoso ("A Khatmandù/ c'è anche il gurù/ ci porta in paranoia predicando a testa in giù"). In "Supponiamo un amore", la canzone d'amore prende una piega totalmente diversa dalla solita canzonetta leggera alla Battisti. L'amore viene ora costruito (o forse rivisitato) secondo supposizioni, ovvero una costruzione razionale e non più emozionale. L'amore, però, non può essere supposto, e perciò la realtà del sentimento è completamente diversa dalla sua costruzione, e "ciò che conta siamo noi"!
Non mi dilungo sull'ermetica e sarcastica fiaba "E la vecchia salta con l'asta", sulla realista e sociale "Agapito Malteni il ferroviere", sulla ballata dedicata al mare mattutino che non si può più scordare "I tuoi occhi sono pieni di sale" e sull'ultima canzone, "L'operaio della Fiat (la 1100)", schitarrata oserei dire fantozziana sulla condizione della classe operaia.
Ho volontariamente lasciato per ultima la open-track, "Tu, forse non essenzialmente tu", splendida canzone romantica, riempita di tratti autobiografici come "Vado dal Barone ma non gioco a dama", in cui il ritornello si chiude con gli splendidi versi "tu, forse non essenzialmente tu/ e la notte confidenzialmente blu/ cercare l'anima!". La ricerca continua di uno scopo, di un amore, della vita in sè, di un senso ultimo, mi fanno venire in mente la continua ricerca della "nozione di tempo" perpetuata lungo le strade degli States dalla beat generation, così come il "Mr Tamburine Man" inseguito da Bob Dylan nella confusione del mattino. E lui, Rino Gaetano, figlio illegittimo della canzone italiana, sente lo stesso identico bisogno, e lo canta, lo scrive e lo scriverà in tutti i suoi album seguenti, in canzoni come "Mio fratello è figlio unico", "Escluso il cane", "Cerco", "Io scriverò", "Ti ti ti ti". Chi non è in ricerca di se stesso? Chi non si sente almeno una volta nella vita solo? Chi non desidera avere accanto la donna che ama? Tutto questo è "Tu, forse non essenzialmente tu", condita inoltre dal sarcasmo e dallo sberleffo, perchè la via per la serenità è il sorriso. Grazie Rino!
Carico i commenti... con calma