I film di Robert Altman che preferisco, sono "Nashville" e "America Oggi" (Short Cuts). Forse perchè hanno in comune la struttura narrativa, costituita da svariate storie che s'intrecciano l'una con l'altra, e, entrambe costituiscono una dura critica al "sogno americano". Ma se il primo è un film politicizzato, vetrina di una politica trasformata in un luna park, uno show, in "America Oggi" è mostrata la vita di segretarie, medici, aspiranti pittrici, cameriere, una trentina di persone che hanno in comune il fatto di vivere nella stessa città e di essere infelici.
Alternando il banale e il drammatico, Altman racconta frammenti di vita, drammi privati dei suoi antieroi, antieroi nei quali molti si possono rispecchiare. Un cinico poliziotto che pensa solo a tradire la moglie, abbandona il cagnolino di casa, colpevole di abbaiare troppo, in qualche parte della città. Una casalinga fa telefonate erotiche, mentre cambia il pannolino del suo piccolo. La vita di una coppia benestante, si trasforma in dramma, quando il loro bambino Casey, è investito involontariamente da Doreen (Lily Tomlin) cameriera di un fast food. Una cantante di night club, canta "i'm a prisoner of life" il titolo è emblematico perchè allude alla condizione dei vari protagonisti del film, perdenti alla ricerca di un esistenza migliore, schiavi di quel niente chiamato routine, "prigionieri della vita", appunto.
Il regista si è ispirato ad alcuni racconti di Raymond Carver, consegnandoci un film di persone che amano, odiano, ci mostra episodi della vita comune, individui che s'incontrano o solo si sfiorano, tirano avanti nella Los Angeles degli anni novanta, per trovare uno spazio, un briciolo di fortuna, o forse, solo un po' d'amore. Altman non vuole insegnare niente, ci invita soltanto a seguire la vita di esistenze difficili, segnate dal dolore, spesso assurde. Una raffigurazione inclemente, della realtà, della natura umana, della solitudine di persone che non sanno rapportarsi con gli altri. Esemplare in questo senso, la rappresentazione di Paul (Jack Lemmon) nonno di Casey, il quale si fa vivo all'ospedale, dopo molti anni di silenzio. Non si fa coinvolgere dalla sorte del bambino ma attacca bottone coi parenti di un altro ragazzino. Non capisce il dramma che vive la propria famiglia, così racconta i fatti suoi, disinteressandosi del nipotino. Paul è il centro, per lui la sola realtà degna d'attenzione, è lui stesso. Quando sarà chiaro che il bambino non sopravvivrà, si allontanerà senza dire una parola. In questi ritratti desolanti che ci propone il regista americano, a farne le spese sono i più deboli. La figlia della Jazzista, una fragile violoncellista che cerca di colmare il deserto di sentimenti nel quale è vissuta, prova invano a stabilire un rapporto con la madre, donna insensibile, disillusa, la gentile ragazza non regge il peso dell'ennesimo fallimento e si suicida. Il percorso del film ci porta pure a conoscere la già citata Doreen, e suo marito Earl (Tom Waits) che vivono una relazione burrascosa a causa dalla dipendenza dall'alcool dell'uomo. Tre pescatori della domenica, scoprono nel fiume il cadavere di una donna, invece di avvertire la polizia, fissano il corpo alla sponda, per poter continuare a pescare e trastullarsi indisturbati. Il film termina con una scossa di terremoto che provoca una caduta di sassi, ma dà anche modo alla violenza di Jerry (Chris Penn) accumulata in anni di frustrazioni, di manifestarsi nel modo più rabbioso. Un terremoto che può essere inteso metaforicamente, non esiste sciagura, dopo la quale la vita non continui, nonostante tutto.
"America Oggi" è una pellicola dove non c'è sogno nè allegria, uno spaccato amaro, senza speranza, della società americana, un lavoro che non lascia indifferenti, che fa riflettere. Dura circa tre ore, ma se entriamo nel meccanismo del film, se capiamo lo sviluppo delle storie, è inevitabile essere conquistati da quest'opera sincera, dal sapore veritiero. Straordinaria la sceneggiatura, perchè lega magistralmente storie, che nei racconti di Carver non hanno niente in comune. A mio parere è il capolavoro di Robert Altman, tra i più belli che ho visto.
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