Vuoi perché, come molti nati tra anni '80 e '90, sono praticamente cresciuto e stato iniziato al cinema con i suoi film (inutile specificare quali); vuoi perché, a mio parere, non sempre gli viene riconosciuto il giustissimo status di maestro che gli spetta per le innumerevoli innovazioni e sperimentazioni stilistiche apportate al cinema hollywoodiano; ma il suo Allied (sottotitolato "Un'ombra nascosta" dagli sciagurati distributori italiani, così da spoilerare un bel pezzo di film) era il film che più attendevo di questo gennaio 2017 sto gennaio già così ricco di uscite stimolanti e tra le più attese da mesi, anche in vista dei prossimi Oscar (i vari Arrival, Silence, La La Land, Split...).

E le mie attese non sono state deluse: in un film in cui le scene d'antologia si accumulano una dietro l'altra (in particolare vorrei citare il gioco con le carte di Brad Pitt di fronte all'ufficiale tedesco - che, curiosamente, è lo stesso che capiva le intenzioni di Fassbender in Bastardi senza Gloria -, la scena di sesso in auto con una tempesta di sabbia in corso, l'improvvisa sparatoria in cui vengono uccisi diversi nazisti, il parto sotto un bombardamento...), la svolta sull'identità di Marianne Beausejour arriva come una doccia fredda.

Forte di un non indifferente spessore tecnico e del largo budget, Zemeckis, seppur in un film sostanzialmente lineare, conferma anche maestria narrativa nel passare da un contesto, geografico e di genere, all'altro. Cità diversi classici degli anni '40 e da una prima parte noir e di spionaggio in ambito storico/bellico, in cui gli eventi ed il tempo scorrono relativamente veloci, si passa al dramma di un uomo che si vede improvvisamente sgretolare le raggiunte certezze personali ed affettive di fronte al dubbio, da confutare nell'arco di sole settantadue ore (che saranno poi il grosso di tutta l'opera), che la moglie e madre della figlia sia una spia del nemico.

Sorretto dalle due memorabili interpretazioni principali (a mio dire tra le migliori di Pitt e della Cotillard), anche il finale mélo funziona bene integrandosi col resto.

Allied è stato ingenerosamente molto criticato dalla stampa USA (non nuova all'auto-sopravvalutazione in ogni ambito), ma Zemeckis, seppur a volte i suoi lavori non siano sempre stati indimenticabili (tra gli ultimi penso a Flight, che mi lasciò più di una perplessità sulla retorica di certe parti in contrasto con l'imponenza, anche lì, delle scene madri), è ancora da considerarsi come un punto di riferimento del cinema americano e, se già nel precedente The Walk regalava momenti di grandissima emozione e suggestione, con quest'ultimo lavoro centra, secondo me, uno dei migliori colpi nella sua filmografia recente.

Cinema hollywoodiano di altissimo livello.

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