Posso immaginare che nell'integralismo esterofilo che affligge le nuove generazioni, una recensione su un disco del genere possa essere inopportuno come un Gigi D'Alessio al concerto dei Foo Fighters. Ma da un certo punto di vista, volendo essere rigorosi, Murolo è stato fra gli ultimi appassionati e sinceri alfieri della nazione napoletana, della sua musica e della sua splendida lingua. Siamo pertanto sempre nel campo dell'esterofilia per chi legge questa poche righe da sopra il Tevere.

Classe 1912, nato a Napoli, una gioventù da sportivo, Murolo ha di fatto prodotto musica per tutta la seconda parte del novecento e inciso centinaia di dischi, molti dei quali oggetto di culto per i collezionisti del genere. Mi smarco subito da malcelati intenti di obiettività, a parere di chi scrive l'artista è stato uno dei migliori interpreti della musica in generale. Con la sua voce carezzevole, lo stile sempre equilibrato e la classe, eccelsa, ha saputo interpretare i classici della canzone napoletana fornendone versioni insuperate, che resteranno dei modelli imprescindibili per chiunque in futuro si vorrà cimentare col repertorio.

Nel giorno in cui muore Bowie, con un disco e un video in uscita clamorosamente profetici, mi è sembrato naturale scrivere di Murolo che a novant'anni suonati, con acciacchi già evidenti dell'età, incise coraggiosamente un disco di inediti, dignitoso e coerente con la sua sterminata carriera. Non si può dire che sia riuscito a riunire l'incredibile ensemble del disco degli ottant'anni, dove spiccavano i contributi di Arbore, De Andrè, Mia Martini e Pino Daniele, ma l'apporto di cavalli di razza come Joe Amoruso e Gragnaniello, oltre che di altri bravi autori come Tortora e Di Francia lascia un segno non trascurabile.

Ho sognato di cantare è un disco ben arrangiato e con temi nella piena tradizione, forse anche troppo, ma adatto allo stile impeccabile dell'interprete. Inutile quindi cercare innovazioni, se non nel suono, sicuramente più curato delle incisioni solo chitarra e voce che lo hanno reso celebre. Il disco fortunatamente ci lascia alcune notevoli composizioni, a cominciare dal singolo 'mbriacame, scritta da Mimmo di Francia, impreziosito da un irresistibile refrain di chitarra classica. 'o sapore de' cerase svetta invece come il brano più in linea con la tradizione e quindi più in odore di classicità, con un testo malinconico comprensibilmente incentrato sulla ricerca delle sensazioni del passato.

Altra traccia degna di nota è e o' mare va', ennesima prova di bravura di Amoruso, che ci conforta ulteriormente del fatto che si possano ancora scrivere canzoni napoletane senza cadere nei luoghi comuni e soprattutto senza cedere alla volgarità, nel senso di volgo, che contraddistingue buona parte della produzione contemporanea.

Chiude il disco l'ultimo brano interpretato probabilmente da Murolo che non a caso si affida nelle sicure mani di Gragnaniello, in graziella la scrittura del bravissimo autore napoletano emerge prepotentemente nella ritmica e nella rara spigolosità del testo.

Se dovessi indicare cinque cantanti da ascoltare obbligatoriamente per capire quanto una voce possa fare la differenza, Murolo certamente sarebbe fra questi. So già che queste righe saranno lette da pochi e commentate da pochissimi, ciononostante trovo doveroso ricordare la sua musica a chi non lo ha mai ascoltato, ma anche a chi non ha la giusta sensibilità per ascoltarlo. Mai come in questa occasione credo di aver fatto il mio dovere su Debaser, dove la musica napoletana non è neanche contemplata come genere: il mio personale omaggio a Murolo e alla sua arte.

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