Album anomalo della discografia di Vecchioni, in maniera ben diversa da come lo era stato "Ippopotami" nel 1986, "Rotary Club of Malindi", uscito nel 2004, rappresenta sicuramente un disco di transizione nel percorso artistico del Professore di Carate Brianza. L'album rappresenta il successore de "Il lanciatore di coltelli" e il successore di "Di rabbia e di stelle", e con entrambi condivide qualche sonorità, anche se le motivazioni e l'ambientazione di questo lavoro lo rendono diverso da quelli che lo "circondano". Innanzitutto la decisione di effettuare un viaggio in Africa di circa due settimane, precisamente in Kenya, in seguito alla depressione e al momento difficile nel quale il Prof. era piombato, e poi la conseguente decisione di creare un disco che risentisse delle influenze africane, sia linguisticamente che musicalmente. Dal primo punto di vista si può citare la traccia di apertura "Nini kuna?", che significa "Perché?", dove si domanda al padre, sia in senso biologico che spirituale, cosa c'è nel mondo, cosa ancora si può trovare. Il riferimento è chiaramente all'Africa, e si evidenziano le disparità tra mondo occidentale e Terzo Mondo. Anche la title-track contiene un proverbio in lingua swahili, che apre la canzone: "Tone Tone Vunja Jiwe Jambo Jambo Asante Sana", che significa "Goccia goccia buca la pietra, un affare un affare grazie tante". Le prime tre tracce del disco contengono espliciti riferimenti al viaggio in Africa, oltre alle due citate c'è in seconda posizione "L'uomo che vorrei", che cita il mare d'Africa e musicalmente riprende certe soluzioni dell'album "El bandolero stanco", di sette anni prima, precisamente si tratta di uno stile bossanova. Il quarto brano è uno dei migliori del disco: "Il libraio di Selinunte", che nello stesso anno diede anche il titolo al terzo romanzo del Nostro, dopo "Viaggi nel tempo immobile" del 1996 e "Le parole non le portano le cicogne" del 2000. Esso è l'elogio della parola: "e le parole come musica di seta mi prendevano per mano... e le parole si riempivano d'amore, le sue parole diventavano d'amore, le sue parole diventavano l'amore". Anche il romanzo descrive una civiltà che ha perso l'uso del linguaggio e cerca di riconquistarlo. Vecchioni, da bravo Professore di Latino e Greco, elogia l'arte della parola. "Dimentica una cosa al giorno" è una dedica alla madre, scomparsa da poco, e la dimenticanza si pone come rimedio al dolore. La canzone è breve, appena tre minuti, ma intensa, e il finale è esplicativo: "ma dopo aver dimenticato tutto quello che è passato, come un vento che non soffia più, dimentica, per ultimo, anche me o non potrei dimenticare te". Roberto Vecchioni ha dimostrato nei dischi degli anni '90, in particolare ne "El bandolero stanco" di saper spaziare dalle canzoni profonde e malinconiche alle canzoni ironiche, senza rinunciare a qualche sprazzo politico. Arriva così "Faccetta rosa (in campo azzurro)", melodia sarcastica e testo in due punti con esplicito riferimento all'allora Premier Silvio Berlusconi. Il primo è "deve nuotar, deve nuotar, che è troppo basso per toccar" e il secondo è "Si può ballar, si può ballar, in mezzo ai venti della vita, adesso che, adesso che faccetta rosa non c'è più". Un anno prima Antonello Venditti pure aveva scritto una canzone sarcastica su Berlusconi, "Il sosia". I cantautori hanno in questo periodo quindi lo stesso bersaglio politico. Dalla bossanova, alla musica africana, al tango. Già "Tango di rango" per la precisione, dove Vecchioni rivendica la propria virilità. È una canzone ironica sul sesso, sulla stessa falsariga di "Piccolo pisello" del 1991 e di "Saggio di danza classica e moderna" del 1993: "giovane fui nel tempo che le ragazze non la davan mai... tango, sono uno scettico di rango e poi nemmeno ce l'ho lungo, sempre se ancora c'è..." Cambio di registro, e ritorno alla liricità profonda di "Momentaneamente lontano" dove si parla evidentemente del viaggio che sta compiendo: "Dio com'è difficile vedermi così lontano, lontano, lontano, senza le mie parole, che non vengono più come mi venivano prima; senza le mie canzoni che morivo per farle nelle notti di luna... e salutarmi allo specchio quando non bevo e non fumo". La lontananza dall'Italia e da Milano deve aver significato anche astinenza dal fumo e dal vino per il Professore, in un viaggio che è stato senz'altro benefico e terapeutico. L'immancabile citazione letteraria, oltre alla autocitazione letteraria de "Il libraio di Selinunte", la si trova ne "Il vecchio e il mare", romanzo di Ernest Hemingway del 1952, che Vecchioni rende brano con atmosfere classicheggianti (si cita peraltro Gustav Mahler). Il senso della canzone, e forse dell'intero disco, è riassunto nel verso "perché il vecchio adesso ha vent'anni, e il mare ne ha milioni di milioni", a testimoniare che il mare stesso è più importante di tutte le cose che passano, tra amore, rimpianto e dolore. L'amore è sicuramente uno dei temi importanti di questo disco, visto come Amore Totale, e non solo come amore verso la donna, sebbene "L'uomo che vorrei" sia dedicata a Daria Colombo, la seconda moglie dell'Artista. Chiudono il disco la singolare "Marika", storia di una kamikaze che avrebbe potuto vivere la sua vita di donna se non avesse deciso di farsi saltare in aria. Nell'anno delle decapitazioni e degli attentati terroristici, il cantautore dipinge un ritratto di cruda attualità. Ma è l'amore a trionfare, nella canzone (quasi) conclusiva: "E invece non finisce mai", riferito all'amore. In un disco che sta finendo, l'amore non finisce mai... E NEPPURE IL DISCO! Infatti dopo circa due minuti di silenzio all'interno della undicesima traccia c'è un'altra canzone, una "ghost-track", "Papà", dove la seconda figlia di Roberto, Carolina Vecchioni, omaggia il padre in una canzone scritta da lei e cantata voce e chitarra, dove ringrazia il padre e dichiara di voler essere come lui. L'amore e la speranza, insieme al tema del viaggio, già affrontato nel repertorio in maniera ben diversa in brani come "Velasquez" e "Livingstone", fanno riprendere, almeno esistenzialmente, Vecchioni, che tre anni dopo tirerà fuori tutta la sua rabbia, e le sue stelle verrebbe da dire, nel disco del 2007.
Questo disco rappresentò il passaggio di Roberto Vecchioni alla Sony Music, dopo undici anni passati alla EMI con i quali aveva pubblicato tutti i dischi da "Per amore mio" fino a "Il lanciatore di coltelli", e sarà anche l'unico disco uscito con questa etichetta, prima di un altro passaggio alla Universal. Dopo aver dimostrato le sue doti di polistrumentista d'eccezione, il PFM Mauro Pagani è passato addirittura al ruolo di produttore, e i risultati musicalmente si sentono. L'album si sarebbe dovuto chiamare "Il vecchio e il mare", ma alla fine, per dare meglio il senso dell'ambientazione africana, avrà la meglio "Rotary Club of Malindi", che era la scritta che campeggiava su una fermata dell'autobus che era stato fornito alle popolazioni locali kenyote, a Malindi, appunto. Questo disco rappresento anche una occasione di impegno sociale, infatti Vecchioni devolse i diritti editoriali della title-track al Cedius (Centro per i diritti umani e la salute pubblica), per evitare soprattutto la trasmissione del virus Hiv dalle madri ai figli.
In conclusione, nonostante il viaggio e l'impegno sociale, "Rotary Club of Malindi" è un disco di transizione, che non rappresenta la vetta artistica di Vecchioni, con musiche un po' troppo semplicistiche ed arrangiamenti non "da brivido" e che per questo motivo non raggiunge le tre stelle.
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