Puoi chiudere gli occhi.
Comincia la proiezione.
Le immagini scorrono sul tuo schermo privato, che si materializza in un luogo sospeso tra memoria e immaginazione.
L’inizio è perfetto.
Lo spazio che si dischiude sulle note di “Cinema”, brano strumentale che apre e titola il disco, ha la vaporosa consistenza di un sogno ed una capacità evocativa tali da rendere naturale la tua trasformazione nel regista di una sequenza, probabilmente venata di un senso di nostalgia e straniante desiderio.
Nino Rota è il primo nome che ti verrà in mente.
Ma subito dopo sarai trafitto da un'immagine che era depositata in chissà quale angolo del tuo cuore: a riportarla alla luce saranno la morbidezza di una voce e una sottile pioggia di note, gocce stillate da un pianoforte sul profilo disegnato dagli archi.
“Rosa” è una canzone, Sakamoto si occupa di arrangiarla insieme all’autore. E Rosa è il nome della Passos, cantante brasiliana che la interpreta.
Ma questo non finisce di essere un film.
E nel cambio di scena sei trasportato in un ambiente di fumosa inquietudine, memore di Weill ma addizionato di un languore che Beth Gibbons sa fare suo e trasformare in un piccolo enigma dal titolo “Lonely Carousel”
Poi altri spazi, brani strumentali che srotolano possibili scenari spostando l’immaginaria macchina da presa su zone ora rischiarate da luci di pomeriggi lontani, ora attraversate da folate di lieve inquietudine.
Ma ovunque ti capiti di ambientarne la trama, qualunque immagine affiori, sarà sempre la qualità dell’aria a guidarti: lieve e rarefatta asseconderà il tuo viaggio.
Un ritratto d’Europa.
“Cinema” è l’ultimo disco di Rodrigo Leão, membro fondatore dei Madredeus, pianista e compositore attivo da oltre vent’anni, dotato di indubbie qualità anche nelle vesti di arrangiatore.
I 15 brani che scorrono lungo i 49 minuti del disco, siano canzoni che ospitano le performance vocali di cantanti diverse (l’ex Portishead, appunto o la Passos, ma anche la portoghese Sónia Tavares o la modella/attrice belga, di ascendenze portoghesi, Helena Noguerra) o brevi quadri strumentali, sono infatti caratterizzati da un gustoso equilibrio.
Privo di tentazioni enfatiche, tutto giocato sugli accenni e sulla nitidezza dei suoni e della scrittura, è in grado di coniugare con naturalezza l’immancabile vena di saudade alle molteplici suggestioni presenti, grazie all’accurata leggerezza con la quale il pianoforte di Leão incrocia violini, fisarmonica o i fiati che punteggiano alcuni brani, in un intreccio che delinea una sorta di condensato intimo e teatrale di gusto molto europeo.
Un Europa che ospita, nel finale, l’inconfondibile profilo di Ryuichi Sakamoto, impegnato al pianoforte nell’esecuzione di un brano strumentale.
Su quelle note, che proiettano sul tuo schermo interiore un orizzonte tanto etereo quanto evocativo, non ti risulterà difficile ambientare la scena finale ed i tuoi personalissimi titoli di coda.
Nei miei scorre un piccolo invito: dedicagli una di quelle sere un po’ indolenti e sospese, attraversate da un desiderio indefinibile e da un’aria tersa e appena mossa da un alito di vento.
Non credo te ne pentirai.
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