”Io voglio raccontare la magagna” Romina Falconi

Parliamo di Romina Falconi, classe 1984, bionda (tinta, per sua stessa ammissione) da Torpignattara (trapiantata a Milano) che si descrive come “un camionista nel corpo di una vamp”. Il sottoscritto l’ha conosciuta tramite alcune collaborazioni con Immanuel Casto (ad esempio “Sognando Cracovia” o “Crash”), ma Romina viene da una lunga gavetta: cantante da matrimoni in tenerissima età, corista, per finire con XFactor e Sanremo. Insomma ci ha provato in tutti i modi, ma ce l’ha fatta solo quando si é lasciata andare e ha osato davvero, mettendosi a nudo nella sua musica.

Ora parliamo di “Biondologia”: sapete quelle cose semplici, di cui a volte ci vergogniamo, ma sono quelle in realtà quelle che ci rimettono al mondo? Che ne so una bella mangiata con gli amici, il profumo del caffè la mattina, i momenti in cui siamo da soli e facciamo cagate davanti allo specchio? Ecco Biondologia per me racchiude questo mood. Un concept album che vuole essere una mappa emozionale di tutti gli schiaffi della vita, con pochi fronzoli consolatori e senza quell’ossessione del pop italiano verso la positività pollyannesca del tipo “se tu mi dai uno schiaffo, io sono più forte e ti perdono, perché sono una donna e ce la farò”. Perché, diciamoci la verità, se é vero che la vita é una cosa meravigliosa, ci sono momenti in cui davvero non sai come supererai la notte e le frasi tipo “andrà tutto bene” ti fanno semplicemente girare tutto il girabile.

Sono esattamente quei momenti il fulcro di Biondologia. E l’arma utilizzata per raccontare é un’arma che Romina Falconi sa usare molto bene: l’ironia. È difficile racchiudere tutte le frasi perfette, che raccontano senza filtri di delusioni, arrabbiature e altre vicende difficili da digerire, ma che alla fine sono capaci di strappare un un sorriso (anche se a volte, a denti stretti). “Chiusa una porta si aprirà sto cazzo” canta la Falconi in “Troppo Tardi”, oppure “Mi dicevi non vivi senza di me, allora perché non crepi” nella bellissima e conclusiva “Buona vita arrivederci” o “Come in carcere, cadono le saponette e io mi devo piegare” da “Cadono saponette”. Si parla di rimorsi, rimpianti, abbandono, dipendenza affettiva, sesso, morte, pessimismo. Tutto raccontato con la leggerezza di chi é abituato a camminare sul ciglio dell’abisso ed in quell’abisso ci ha infilato la testa mille volte. E forse questo é proprio il modo in cui la cantautrice esorcizza i suoi demoni. Nulla di nuovo sotto al sole direte voi, ma molto spesso la musica utilizzata in questa maniera che definirei catartica regala grandi album.

A livello musicale, l’album é squisitamente pop e utilizza quanti più colori possibili. Si va dai suoni attuali in direzione dance di “Troppo tardi”, all’elettronica soft di “Buona vita arrivederci”, passando per la canzone d’autore di “Vuoi l’amante” e per il pop-rock anni ottanta di “Ringrazia che sono una signora”. L’intenzione era quella di creare un mondo a sé stante per ogni canzone e per inanellare ogni pennellata nel modo giusto ci sono voluti tre anni. Il risultato é un disco pop che ti viene da cantare a squarciagola ed in maniera liberatoria, in cui ogni parola ha un posto e un significato preciso. I pezzi migliori sono quelli dove il tragicomico ed il grottesco prendono il sopravvento e ci aprono la porta delle torture mentali di Romina (e di ognuno di noi).

Insomma, finalmente un album di puro pop che esce fuori dalla patinata ed odiosamente ottimista scena italiana e osa offrirci una visione personale, brutale ed ironica della vita. Ed é in questo modo che Romina ha saputo crearsi dal nulla (e usando il web in maniera molto ingegnosa) un seguito di fedelissimi che la venerano. Io attendo con ansia il prossimo passo.

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