Per vostra sfortuna io la voglio provare a cavalcare quest'onda anomala che da qualche giorno mi spinge a pigiare tasti con così frenetica frequenza. Dopo "Cocainorso", in un continuum privo di senso logico, proseguo fiero proponendovi quello che ritengo essere un bel libro. Pensando a questa recensione mi immagino però una stanza vuota con un paio di avventori al massimo. Diciamocelo chiaramente: il buon vecchio Samuel P. Huntington non è che sia uno di quegli autori conosciuti. Il titolo dell'opera poi, "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale", non è che invogli la lettura. Già vi vedo volare leggiadri lontani lontani per sfogliare l'Home Page e posarvi su recensioni più avvenenti e succose rispetto ad un testo sconosciuto di geopolitica. Ma se c'è tempo per "Cocainorso", beh c'è tempo anche per "Lo scontro delle civilità e il nuovo ordine mondiale".
Nel 1989 Francis Fukuyama subito dopo la caduta del muro di Berlino scrive un saggio "La fine della storia?" e la tesi viene sviluppata meglio tre anni dopo con la pubblicazione del libro "La fine della storia". Idem per Huntington che scrive il saggio "Lo scontro delle civiltà?" nel 1993. Tre anni dopo il punto interrogativo del saggio scompare.
I due accademici avevano due visioni molto diverse del post guerra fredda ma hanno una cosa che li accomuna. Proprio il punto interrogativo (?) dei loro saggi. Quasi nessuno sottolinea l'importanza di quel carattere speciale.
Fukuyama ipotizzò, sbagliando, la nascita di un mondo unipolare, globalizzato con un sviluppo crescente di democrazie liberali. A posteriori possiamo dire che il suo libro è invecchiato male ed il suo nome è legato a doppio filo per le politiche economiche e geopolitiche sposate dall'amministrazione Clinton. Ovviamente erano previsioni. Il libro, lungo 900 pagine, ipotizzava anche altri scenari avversi pienamente centrati, crescita cinese e moniti inascoltati che si sono avverati ma si sa che l'uomo tende a semplificare. E così Francis è passato per l'accademico ottimista che pensava che la storia fosse finita e che il mondo post guerra fredda sarebbe stato con meno attriti. Credeva fosse uno degli scenari possibili, più probabile di altri.
E Huntington? Lui ha scritto "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale" proprio come una risposta all'opera di Fukuyama e aver omesso il punto interrogativo è stata una manna. A distanza di 30 anni possiamo dire che le sue previsioni sono state più centrate. Ma anche in questo caso il libro è più denso e profondo di quanto possa sembrare. Tanto per fare un esempio riteneva altamente improbabile (pag. 38) un conflitto tra Ucraina e Russia per le affinità culturali che le legavano. Non aveva previsto la profonda crisi interna statunitense che è l'enorme problema occidentale per il quale varrebbe scrivere dei libri adesso. E potrei andare avanti per paragrafi.
Per Huntington non può esistere una civiltà universale. Le civilità (cinese, giapponese, indiana, mussulmana, occidentale e infine africana latinoamericana) hanno una durata millenaria che sopravvive agli imperi e agli stati. La religione e lingua sono i cardini delle civiltà uniti al fattore demografico, usi e costumi. Nel '900, nel suo massimo splendore, la lingua inglese era parlata da meno del 10% della popolazione mondiale. Il crollo demografico occidentale sta accelerando il processo di multipolarismo che Huntington aveva previsto ma con tempi più lunghi.
Il libro sviscera temi quali il dinamico rapporto tra potere e cultura e gli equilibri instabili e temporanei a seguito dell'inevitabile scontro tra le varie civilità. A fine '900 i temi di maggiori attrito erano l'universalismo occidentale, l'integralismo musulmano e la crescita cinese.
Voglio restare sul vago ed evitare di scendere nei particolari per fare due riflessioni generali prima di chiudere. Forse il luogo più adatto sarebbe un editoriale ma ormai sono quasi in fondo.
A mio parere viviamo nel mondo del bianco e del nero, della semplificazione estrema e della sintesi. Questo va bene fino ad un certo punto perché non siamo mica bambini e ovviamente la realtà è interconnessa, incasinata e libri di cui vi ho parlato sono grigissimi, interessanti ed intriganti proprio per questo. Perché ex post siamo tutti fenomeni a leggere cosa si sarebbe dovuto fare e spiegare la storia. Ma provare ad immaginare oggi quelli che potrebbero essere gli sviluppi futuri volgendo lo sguardo al medio e al lungo termine mica è così facile. Ed è per questo che Fukuyama e Huntington avevano messo un punto di domanda nei loro saggi.
Mi piacerebbe che qualcuno leggesse dei libri che snocciolano e ipotizzano teorie diverse sullo stesso tema. Questo secondo me accrescerebbe lo spirito critico. E la perdita di spirito critico è la cosa che mi fa più paura. Ormai siamo spinti a relazionarci con persone che la pensano allo stesso modo e a catalogare gli altri a priori come dei coglioni ignoranti. La società si polarizza tra noi e loro. Noi siamo il bianco e loro il nero.
Propendo più per la visione di Huntington ma anche Fukuyama nella sua disamina filosofica ed ambientale ha centrato dei punti molto interessanti. Entrambi hanno sbagliato delle previsioni e sicuramente Fukuyama ha fatto più rumore nel cadere. Ma per arrivare a questa conclusione ho letto da cima a fondo i loro libri.
Essere curiosi, sentirsi profondamente ignoranti e prendere spunto da chi la pensa diversamente per cambiare prospettiva forse è l'unico modo per essere più immuni da fake news, qualunquismo più becero frutto di non conoscenza.
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