Il primo mio ascolto di questo strumentale dei Santana avvenne in una sala attrezzata di un negozio di alta fedeltà: il titolare lo usava in quel periodo per far testare ai clienti le tante coppie di altoparlanti in vendita ed io ero in loco per aiutare un caro amico buonanima a sceglierne una. L’esperienza fu talmente eccitante e appagante da rendermi ancora nitido il ricordo… davvero niente di meglio che i caldi, lussuriosi ritmi latino americani innestati su di un tessuto fusion, mezzo jazz e mezzo rock e pure un poco funky, con il gruppo colto allo zenit delle sue possibilità e peculiarità, sì da averne evidentemente ricevuto una vera epifania, ad ogni livello sensoriale.
Ho infatti sempre inquadrato “Aqua Marine” come la perfetta, ineguagliabile colonna sonora di una scopata: vi è il preambolo, insomma i preliminari con l’arpeggio bagnato di chorus del chitarrista Chris Solberg sostenuto dagli shaker e dalle percussioni più leggere, poi il tema principale lasciato ad un fischio di sintetizzatore, un po’ nello stile dell’Alan Parsons’ Project, del tastierista Alan Pasqua; poi il ritmo si fa più marcato, entra il basso dolcemente slappato dall’ottimo David Margen e siamo all’atto vero e proprio, al coito dai, inizialmente languido e rilassato e poi via via sempre più intenso, con le percussioni che galoppano sempre più vibranti intanto che il synth se n’è andato ed è arrivata la solista di Carlos a dare le tipiche pennellate calienti e scenografiche.
Segue la fase di culmine, la giusta apoteosi con gli stacchi del gruppo all’unisono, guidato dalla batteria forte e sicura, sui contorcimenti del tema di sintetizzatore ed infine l’acquietamento, la soddisfazione, con il ritorno dell’arpeggio di Stratocaster e gli ultimi scossoni delle percussioni, il tutto in una magica atmosfera di sapienti riverberi e curatissimi flangiamenti.
Messo nel mezzo di un album che non vale molto (“Marathon”, anno 1979) in bilico com’è fra rhythm and blues alla latina, funky moderato ed hard rock quasi AOR quando la solista del duretto Solberg si fa prendere la mano con il leader lo lascia fare, “Aqua Marine” si distingue subito sin dalla copertina, annunciata com’è in lettere verde/azzurro oltremare in mezzo al resto dei titoli che invece è di tutt’altro colore… un vero e proprio invito a considerare questo eccellente numero dei Santana come il più importante e focale di quell’album: così è, e con grande distacco.
Come singolo, la canzone apparve invece solo come lato B della imbelle, insopportabile “You Know That I Love You” (vedi immagine), un insipido numero melodico con un ritornello scontato, telefonato, inutile ed un testo d’amore cretino. Il solito Santana quindi… al solito nelle mani degli altri in quanto a composizione (il pezzo è di Alan Pasqua) ma notevole catalizzatore di musicisti e di suoni, nonché eccelso pasticcere nell’atto di mettere colla propria chitarra la ciliegina sulla torta confezionata per buona parte dall’altrui talento.
Consiglio perciò di ascoltarsi il pezzo con le orecchie predisposte anche alla fantasia sessuale, oltre che naturalmente con il normale interesse del musicofilo. Per me è così, anche se nella realtà non ho mai “usato” questo brano per quello scopo, non avendo l’abitudine di mettermi a scegliere musica quando sto al dunque.
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