Grinta da vendere sul palco, enorme talento sconosciuto ai più, Shannon Wright è da oltre un decennio uno dei segreti meglio custoditi del cantautorato a stelle e strisce. Oltre a vantare un curriculum di tutto rispetto (collaborazioni con Yann Tiersen e Steve Albini; tour con Nick Cave, Calexico e Dirty Three fra gli altri) sforna dischi uno più interessante dell'altro, poco conosciuti forse per l'approccio un po' schivo della cantante, che è dotata di un sussurro morbido che puo' ricordare una Cat Power meno bluesy; ma fermiamoci qui coi paragoni, anche per non sminuire uno stile che più personale non potrebbe essere.
Secret Blood (nono disco della georgiana, uscito nel 2011) si muove su due direttrici. Ci sono sonorità decisamente aspre, col volume della chitarra al massimo e la sezione ritmica quadrata alla maniera degli Shellac. E i risultati sono nevrosi declinate col verbo post-rock louisvilliano ("Violent Colours"), chitarre al vetriolo ("Fractured") e frenetici stop and go ("Commoners Saint"). Dall'altro lato, la Wright regala ballate pianistiche di austera bellezza ("Under The Luminaries", uno dei brani migliori della sua discografia), e bozzetti che forse avrebbero meritato di essere ulteriormente approfonditi (la ninna nanna fantasmatica di "Satellites" oppure la cameristica "Chair to Room" posta in conclusione). Un brano come "Dim Reader" funge da collante tra questi due approcci, unendo all'incedere solenne del pianoforte una chitarra che lambisce territori quasi ambient.
Secret Blood è un lavoro non facile da assorbire ("Let In The Light" è il più immediato da metabolizzare e forse il migliore dei suoi dischi) , attraversato com'è da pesanti chiaroscuri, fatto di brevi schiarite e zone d'ombra in cui il buio è davvero pesto, di sfuriate che non riescono mai ad essere del tutto liberatorie, di inquietudini che a malapena rimangono sotto la linea di galleggiamento. Per chi si fosse incuriosito, si trova in streaming completo qui.
Carico i commenti... con calma