Siegfried Wagner. No, non Siegfried di Richard Wagner, terza parte della celeberrima tetralogia dell'Anello dei Nibelunghi, parlo proprio dell'unico figlio del vecchio Klingsor, così lo chiamava Debussy, e di Cosima Listz, riluttante continuatore della "dinastia" e compositore egli stesso. Tra l'altro, Wagner jr può vantare un corpus di dimensioni ragguardevoli, comprendente diciotto opere, tutte risalenti alle prime tre decadi del '900, più una buona quantità di lieder, poemi sinfonici, sinfonie e altri lavori orchestrali. Ora, non è mia intenzione addentrarmi sul "chi gliel'ha fatto fare", con quel cognome a dir poco scomodo. Si tratta di storia molto interessante e significativa, ma mi limito a sottolineare che, tra i vari Richard Strauss, Erich Wolfgang Korngold, Alexander Zemlinski, e poi Franz Schmidt, Hans Pfitzner, Paul Hindemith; insomma, tra i compositori che hanno segnato quella fecondissima fase tardoromantica dell'opera austro-tedesca, tra Wagner sr e la seconda scuola viennese, Siegfried Wagner aggiunge una voce assolutamente degna di rispetto e considerazione, una voce che vale la pena di ascoltare e una prospettiva unica.
Ora, può Siegfried "Fidi" Wagner essere considerato allo stesso livello artistico dei signori che ho prima citato, specialmente i primi tre? No, in parte perchè, con i suoi lunghi preludi orchestrali e le sue ambientazione fiabesche e/o medievali il suo stile risulta senza dubbio più conservativo, financo anacronistico al confronto, ma sarebbe del tutto ingeneroso derubricare questo affascinante, incompreso compositore, figura quasi tragica sotto certi aspetti, al ruolo di semplice nota a margine. Più che il cognome Wagner, è stata la famiglia Wagner, nelle persone della madre Cosima e soprattutto della tristemente famosa moglie Winifred a relegare concretamente la produzione musicale di Siegfried in un'oscurità quasi totale. Ovviamente, nessuna sua opera è mai stata rappresentata nel "tempio" di Bayreuth, destino condiviso con le opere "giovanili" dello stesso Richard, molte di esse sono state messe in scena per la prima volta svariati anni dopo la composizione, sempre in teatri tedeschi "di provincia", alcune addirittura dopo decenni, postumamente. E, dopo la sua morte (1930) l'esecuzione della sua musica è stata letteralmente bandita da chi ne deteneva i "diritti d'autore", vale a dire la "moglie" Winifred Wagner, nota soprattutto per la sua intima amicizia con Adolf Hilter, che ha in larga parte contribuito a trascinare nel fango il nome della famiglia e del Bayreuth Festspielhaus. Così, la musica dello stesso figlio di Richard Wagner è in qualche modo diventata Entartete Musik negli anni del Terzo Reich, seguendo lo stesso destino di quella di molti suoi contemporanei ritenuti indegni dal regime. Quale amara ironia.
Detto questo, Sonnenflammen è la sua ottava opera, composta nel 1912, portata in scena nel 1918, incisa interamente per la prima volta nel 2003 e pubblicata dall'etichetta CPO, Classic Produktion Osnabuck. Cari, lettori, concedetemi una piccola marchetta verso questa casa discografica che, negli ultimi mesi, ha intascato (e continuerà a intascare) una buona quantità di miei soldi. Tale etichetta vanta un catalogo di vastità impressionante, comprendente ogni tipo di rarità operistica tedesca (e anche alcuni titoli italiani, francesi e cechi), immancabilmente accompagnati da booklet pieni di analisi e approfondimenti storici, oltre che del libretto con traduzione in inglese a fronte, particolarmente indispensabile per opere come quelle dei Wagner (Siegfried, proprio come Richard, era librettista di sè stesso). In più, mettiamoci anche la veste grafica curatissima, stupenda in alcuni casi, come appunto questo Sonnenflammen.
Ma cos'ha da offrire Siegfried Wagner, concretamente? Un'ottima vena melodica, innanzitutto. Sonnenflammen è un'opera di ascolto piacevole e di impatto immediato, facilmente accessibile anche ad ascoltatori "casuali". E, eccoci alla grande domanda: quanto c'è di Wagner sr nello stile qui espresso dal figlio? Tanto, senza ombra di dubbio. C'è un lungo, indugiante preludio orchestrale, ci sono i leitmotif e i torrenziali monologhi wagneriani, c'è anche il fatto che, come Tristan und Isolde, il Ring o Parsifal, anche in quest'opera il contesto storico e ambientale risulta piuttosto vago, un fondale indefinito e facilmente modificabile a discrezione del regista di scena. La Bisanzio di Sonnenflammen potrebbe essere qualsiasi nazione in decadenza, in qualsiasi epoca storica, con personaggi adattabili di conseguenza senza particolari rischi di forzatura e di anacronismo. Il delicato lieder del vignaiolo che apre il secondo atto, poi, riporta immediatamente alla memoria episodi simili dell'Olandese Volante e nel Tristan.
Ma...
Credo che uno dei motivi per cui Winifred Wagner fosse così ostile alla musica del "marito" sta nel fatto che, per chi sa leggere tra le righe, risulta evidente come Siegfried, almeno nel caso di Sonnenflammen, abbia rielaborato a sua immagine parecchi cstilemi wagneriani, "corrompendone" la purezza ideologica. Fridolin, il protagonista, è un ruolo da tenore lirico, non da heldentenor, e questo riflette alla perfezione la complessa natura nel personaggio che tutto è tranne che un "eroe", piuttosto un uomo inadeguato al suo presunto ruolo, una delusione; Il parallelismo con l'autore stesso è più che mai evidente. Iris, l'eroina, che per contrasto è un tipico ruolo da soprano drammatico wagneriano, non ricambia il suo amore proprio per questa sua natura, così distate dall'ethos eroico, "virile", che per lei rappresenta l'archetipo di nobiltà cavalleresca. Alexios, il basileus, è una figura meschina, spregevole, diametralmente opposta alle nobili, idealizzate figure di sovrano che tanto spesso ricorrono della produzione di Wagner sr. E, a proposito di Wagner sr, molti elementi della sua figura sono rintracciabili nel personaggio di Gamella, buffone di corte e astuto intrigante, motore principale di tutta la vicenda, e figura "pericolosamente" vicina, nel sua dimensione apparentemente caricaturale, ai Mime e ai Beckmesser.
Altro personaggio memorabile è quello dell'Imperatrice, ideale per una vocalità ampia e melodiosa, di stampo tebaldiano; una figura tragicamente fuori posto nell'universo grottesco, cinico e amorale di Sonnenflammen, con la sua sincera nobiltà e umanità. Il fatto che sia un personaggio in fin dei conti quasi superfluo ai fini dello svolgimento della trama accentua ulteriormente queste sue caratteristiche, ma senza di essa l'opera avrebbe perso, oltre ad alcuni dei suoi momenti più lirici e struggenti, anche di un preziosissimo "contrappeso" che aggiunge contrasto e spessore drammatico all'opera. Opera che, pur fluida e coesa come da tradizione di famiglia, può vantare un'ampia, notevolissima gamma di sfumature emotive e di atmosfere. Dal farsesco all'idilliaco al sentimentale al grottesco, fino alla tragedia conclusiva, totale, senza speranze di redenzione; Sonnenflammen, non tanto nella musica quanto nei contenuti, è un'opera profondamente decadente, perfettamente in linea con il suo milieu. E si possono notare moltissime affinità tematiche con alcuni lavori di Franz Schreker ad essa successivi, specialmente Die Schatzgraber, Die Gezeichneten e Irrelohe, anch'esse ambientate in dimensioni spazio-temporali vaghe e remote, anch'esse profondamente intrise di nevrosi, di crisi esistenziali, di mal di vivere. Ora, Schreker aveva una tensione emotiva, uno stile più innovativo e più affilato più che mai adatto ad esprimere tali sensazioni, ma l'accostamento non mi sembra affatto azzardato. Dopotutto, lo ribadisco, anche quella di Siegfried Wagner è "musica degenerata", del tutto degna di questo onorifico appellativo.
Decisi di acquistare Sonnenflammen spinto, oltre che da curiosità intellettuale, anche da spirito collezionistico, per il puro piacere di aggiungere una bizzarra rarità alla mia collezione. E ho trovato molto più di questo, ho trovato un'opera bellissima, che mi ha lasciato prondamente emozionato e colpito, che mi ha trasmesso un profondo rispetto ed empatia per il suo compositore, un uomo che, per tutta una serie di circostanze, non ha potuto vivere liberamente la vita che avrebbe desiderato. Mancando di uno spirito combattivo, l'arte è stata la sua valvola di sfogo, in una maniera credo analoga a quella di E.M. Forster nella letteratura. In Sonnenflammen tutto ciò è espresso con una limpidezza che, una volta "rimossi" tutti gli orpelli teatrali, emerge senza alcuna possibilità di equivoco.
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