Visto che, come dice il proverbio, non c’è due senza tre, torno a recensire, scegliendo questa volta uno dei miei dischi preferiti DI e DA sempre: "Show No Mercy", di quei bravi soldati di Cristo nostro Signore che rispondono al nome di Slayer. Premetto che odio con tutto il mio cuore gli Slayer come persone: quattro ubriaconi puzzoni dediti al razzismo e all’adorazione di divinità non meglio specificabili: proprio l’opposto della mia ideologia.

Ora voglio farvi compiere un salto temporale di due decadi abbondanti: tornate con la vostra mente nel lontano 1983.
Bei tempi, direte, ed a ragione: essere a Los Angeles e affrontare durante accozzaglie serali armati di borchie, cacciaviti ed arnesi vari i poppettari dell’epoca gridando: “Come on motherfuckers, face the Slayer!” dev’essere stata un’esperienza unica. Sicuramente, durante una di queste risse furibonde, vi sarete trovati di fianco almeno un membro degli Slayer, un gruppo ispirato dai migliori Black Sabbath, Iron Maiden e Venom, che all’epoca realizzava giornalmente covers di Deep Purple, Iron Maiden e Judas Priest.
“ COOOME?!”, direte voi. Beh, nel 1983 suonare metal “estremo” era più un concetto, un’idea, di cui si aveva solamente una vaga impressione da quanto già sentito dai vari Led Zeppelin, Deep Purple ma soprattutto Black Sabbath. Il genere ha le sue origini nella zona chiamata Bay Area, da dove provengono i combo che più aiutarono a definire questo genere, dandogli una forma, un’immagine, insomma un qualcosa che riuscisse a togliere dall’amorfo anonimato quello che successivamente sarebbe stato thrash, death, black metal.

Gli Slayer furono tra i primi a provarci, nel 1983, con questo “Non aver pietà” che sto recensendo, scassandovi ampiamente le palle. Questo cd è l’“inizio di tutto”, la partenza di un devastante crescendo che avrebbe portato a capolavori quali sono ancora oggi “Hell Awaits”, ”Reign In Blood” e compagnia bella. Il contributo per meglio definire il thrash fu apportato pochi mesi dopo anche da “Kill’ Em All” dei ‘Tallica, decisamente più grezzo e rabbioso di “Show No Mercy”.
Niente velocità alla “Reign In Blood” o urli allucinanti alla “Angel Of Death”: siamo di fronte ad un disco che, per quanto possa sembrarvi impossibile poiché associato alla parola Slayer e come già detto sopra, ricorda le sonorità dell’Heavy Metal classico delle due decadi precedenti, proponendo una forma di NWOBHM più veloce, leggermente più tecnica e infarcita di testi d’ispirazione chiaramente nazi-satanista, suonata come Dio (o Satana ;-) ) comanda dalla formazione originaria del gruppo losangelino. Troviamo quindi un Tom Araya veramente in forma, che usando spesso urletti e falsetto ci rimanda proprio ai mitici Sabs, i due axe-men Jeff Hanneman e Kerry King che, sebbene lontani dal riffaggio devastante partito proprio dal successivo “Haunting The Chapel”, offrono una prestazione sicuramente migliore degli assoli spiaccicati, assolutamente banali e privi di una minima capacità inventiva delle ultime tre releases. Dietro le pelli chi troviamo? Ma Dave Lombardo,ovviamente. Il grandissimo drummer d’origini cubane qua offre una prestazione leggermente inferiore alle successive, ma pur sempre elogiabile: dovete tener conto che Davide non usufruisce del doppio pedale su questo cd, ma usa il singolo veramente bene.

Il cidì fa perno su autentici capolavori sonori quali “The Antichrist”, “Evil Has No Boundaries” , “Black Magic”, “The Final Command” e la storica pietra miliare “Die By The Sword”, forse la migliore track dell’intero cd in quanto la più rappresentativa. Da menzionare anche “Metalstorm-Face The Slayer”, chiaramente ispirata da “Phantom Of The Opera” dei mitici (capito caro collega The Bassist? IRON MAIDEN MITICI! ;-) ) Iron Maiden.
Le liriche variano dal “W Satana“ al “Nazismo inperans“ al “Ma perché non facciamo più guerre?“ al “Sangue e budella dappertutto”: insomma, i peggiori che si possano immaginare. Proprio per questo, questi testi immaturi e stupidi e la ripetizione di parole come “Satan”, “Death” e “Kill” causarono la prima delle purtroppo numerosissime critiche e accuse di nazi-satanismo a King, Hanneman e Araya, critiche che si portano sulla groppa ancora oggi.

In conclusione, un ottimo disco, assolutamente fondamentale e certamente non trascurabile per l’innovazione e le coordinazioni che fornì all’epoca. A questo disco s’ispirarono (e s’ispirano ancora oggi) moltissimi gruppi: insomma,siamo di fronte ad un capolavoro senza età, analogamente a quanto fatto per “Kill ‘Em All”.

(P.S. Ragazzi, io volevo farla più corta, ma proprio non ci sono riuscito! Scriverla sintetica mi sembrava minimizzare un discone come questo! Come vi pare comunque? Ditemi e votate, io mi sono impegnato, ma parlate pure! Ciao a tutti!)

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