Annichilente.


Se dovessi usare un aggettivo per descrivere questo "A Diabolic Thirst", userei senz'altro questo. Il terzo disco dei canadesi Spectral Wound, giovane realtà musicale proveniente dall'underground più nero e nichilista, è infatti un'autentica mina pronta ad esplodere in faccia al malcapitato di turno. So bene che parole del genere possano sembrare altisonanti e scontate, specie se si parla di black metal, genere per il quale aggettivi come "devastante", "malefico" o "tritaossa" si sprecano (spesso e volentieri anche per dischi che meriterebbero metà dell'attenzione che ricevono). Tuttavia, chi segue le recenti evoluzioni della scena estrema sa bene che ci si può imbattere in sorprese non di poco conto, specie quando si va a scavare in profondità e non ci si accontenta dei soliti nomi che sono sulla bocca di tutti. Il Canada, poi, si è rivelato nel corso del tempo un territorio decisamente fecondo per lo sviluppo del Metallo Nero, come stanno a testimoniare realtà musicali di tutto rispetto come Sorcier des Glaces, Forteresse e Gris, tanto per fare alcuni esempi.


Ebbene, gli Spectral Wound si aggiungono a questa lista di bands che piano piano si sono imposte all'attenzione di critica e pubblico, e bisogna dire che hanno ben poco da individiare ai ben noti classici scandinavi. Dopo un esordio interessante ma ancora acerbo come "Terra Nullius" (2015) ed un secondo disco meglio costruito come "Infernal Decadence" (2018), il gruppo di Montréal fa centro pieno con questo terzo album, "A Diabolic Thirst", pubblicato nell'aprile 2021 e che ha raccolto sin da subito elogi e consensi un po' ovunque.


Il merito va sicuramente attribuito ad un songwriting decisamente ispirato e maturo, nonchè ad un'esecuzione precisa, furiosa e tagliente. Il suono delle chitarre è gelido ed affilato come una lama, mentre la batteria passa con disinvoltura da vorticosi blast-beats (tra i più violenti che abbia sentito negli ultimi tempi, devo ammettere) a rallentamenti asfissianti ed improvvisi. Lo sviluppo delle canzoni è fluido, non ci sono passaggi forzati nè tantomeno riff ripetuti all'infinito per allungare il brodo delle composizioni (come spesso accade in dischi del genere).


Un lavoro decisamente old school, questo "A Diabolic Thirst". Lo si nota già a partire dalla copertina in bianco e nero. Ascoltandolo, poi, si capisce come gli Spectral Wound preferiscano prendere le distanze dalle moderne derive black metal a favore di un suono più rétro, accostabile per certi versi all'operato di bands legate alla scena finlandese come Horna e Sargeist ("Impérial saison noire" e "Frigid and Spellbound" sono un esempio). Quando poi i nostri decidono di rallentare il ritmo, come accade nella lunga "Mausoleal Drift" di quasi 10 minuti, ecco che vengono in mente i Darkthrone più doomy e cadenzati, segno che i canadesi riescono a far confluire varie suggestioni ed influenze in un unico flusso sonoro, senza appesantire l'ascolto complessivo.


Le conclusive "Fair Lucifer, Sad Relic" e "Diabolical Immanence" chiudono dignitosamente l'album in questione e mantengono una buona qualità generale, pur senza aggiungere nulla di nuovo a quanto detto fin'ora.


In conclusione, si può dire che, pur non inventando niente di nuovo, "A Diabolic Thirst" ci regala 40 minuti di black metal come non se ne sentiva da tempo. Segno che quando si hanno buone idee e vitalità compositiva dalla propria parte basta poco per incidere un album che duri nel tempo, senza impelagarsi in sperimentazioni assurde che lasciano il tempo che trovano.


La vecchia scuola è tornata a colpire, e la Nera Fiamma brucia più viva che mai.

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