La sanguinosa guerra civile americana, segnò la fine di un'epoca opponendo tra il 1861 e il 1865 l’Unione del nord agli stati secessionisti del Sud. Nel settembre del 1862 Lincoln annunciò che dal gennaio 1863 gli schiavi sarebbero stati liberi per sempre. Ma solo il tredicesimo emendamento della Costituzione (punto centrale del film), ratificato nel dicembre 1865, avrebbe permesso l'abolizione della schiavitù in tutto il territorio degli Stati Uniti. Oltre quattro milioni di schiavi conquistarono la libertà, ma allo stesso tempo molto meno di quanto erano le loro attese, per ottenere una vera autodeterminazione dovettero aspettare altri cent’anni.
Dopo Schindler's list e Salvate il soldato Ryan, "Lincoln" è un nuovo racconto storico di Spielberg. Il film descrive gli ultimi quattro mesi della sua presidenza, mettendo al centro la lotta per l'uguaglianza per tutte le persone, indipendentemente dal colore e dalla razza. Disegna il politico nella sua abilità di negoziatore per far approvare l'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti.
Indubbiamente il regista è riuscito a centrare il suo obiettivo, fare un ritratto della grande personalità di Lincoln, un presidente che combatte tenacemente in un momento chiave nella storia degli Stati Uniti, una lezione di storia, che spiega come la politica sia pervasa da intrighi, corruzione, accordi sottobanco, insomma, la conferma che è una cosa “sporca”. Spielberg ha confezionato un film tecnicamente perfetto, didattico, irreprensibile dal punto di vista figurativo. Come da copione, ha pure scelto un cast d'eccezione, sia Daniel Day-Lewis, Sally Field e Tommy Lee Jones, sono impeccabili. Il regista persegue un integralismo stilistico, tanto da ridurre al minimo pure l'assassinio del presidente, una scelta voluta, che gli permette di realizzare un film realistico, né pomposo, né celebrativo, né parziale... ma che lascia perplessità.
Pur se per alcuni è certamente interessante seguire i brogli, le pressioni per trovare i voti al fine di imporre la riforma, per altri, è difficile farsi coinvolgere dagli avvenimenti. Gran parte del film, che dura due ore e mezzo, si perde in interminabili disquisizioni politiche e scontri verbali. A parte rare scene di battaglia, e brevi scorci di vita familiare, "Lincoln" si svolge nelle camere della Casa Bianca e del Congresso. Fiumi di parole sul diritto e dispute parlamentari, che servono a creare il climax per la scena madre, la votazione per la ratifica dell’emendamento. Al confronto con Schindler's list, è molto meno agile e appassionante, con una sovrabbondanza di dialoghi che lo rendono difficile da digerire. Di là dai meriti che ho citato, il film non suscita emozione, e, non sentivo alcun bisogno di un trattato di storiografia americana.
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