“Quante canzoni, hai detto?”
“Cinque.”
“Solo cinque?”
“Sì, ma fidati, spaccano il culo!”
”Ok, ma cinque canzoni sono pochine, ci penserò.”
Dopo mezz’ora ero nel mio negozio di dischi di fiducia, alla cassa, con “Despise The Sun” in mano, fresco fresco d’acquisto.
Dopo una volatona in bici per arrivare a casa il prima possibile, durante la quale ho causato cinque incidenti stradali, bucato una gomma e travolto sei passanti tra cui tre vecchine, ero in camera, cuffie sulle orecchie e il nuovo acquisto dentro lo stereo, pompato a tutto volume.

“Cazzo, poco più di un quarto d’ora dura, speriamo di aver speso bene questi 10€” (ricordo che i soldi sono stati guadagnati lavando quotidianamente piatti, scopando il pavimento, lavando finestre e lucidando mobili).
Quindici minuti di pura devianza sonora, suonati dai massimi esponenti del Brutal: ”Despise The Sun”, 1997, l’EP successore dello spaventoso capolavoro assoluto “Pierced From Within”, vede i Suffocation, indiscussi maestri nell’arte brutale, alle prese con un nuovo, inaspettato cambio di line-up, che aveva fatto sperare poco bene ai fans sul futuro e l’esistenza della band stessa, che si ritrovava ad affrontare una spiacevole situazione analoga a quella di circa tre anni prima, con la dipartita del batterista di colore Mike Smith.
Sul rimpiazzamento da effettuare, i Suffocation dimostrarono ancora una volta di essere una band sopra le righe: mentre le altre band Death Metal del tempo erano impegnate ad arruolare nelle proprie fila batteristi che, come unico punto di forza, erano dei veri e propri acrobati di doppia cassa, i Suffocation, abilmente, evitarono ciò arruolando l’ennesimo batterista jazzoso, questa volta l’incredibile Dave Culross (probabilmente, viste le origini del cognome, si è seduto su qualcosa di troppo caldo provocando l’arrossamento del suo fondoschiena, ah ah ah) che portò la band ancora più lontano di quanto sentito (drummisticamente) sul mostruoso predecessore, dove suonava l’altrettanto bravo Doug Bohn.

Il disco è fenomenale, come ci si aspetterebbe da ogni album dei cinque (che, finora, non hanno mai, e sottolineo MAI, sbagliato un colpo in quasi quindici anni di carriera), con una notevole enfasi sulla velocità, più elevata di quanto sentito in passato, e sul fatto di non eseguire un solo assolo di chitarra per tutta la durata del disco, eccezion fatta per la conclusiva “Catatonia”, dove Terrance Hobbs ci mostra di che pasta è fatto.
E’ incredibile come il disco non presenti un minimo calo in tutti i suoi sedici minuti di durata: una rabbia sprigionata da vari elementi, come la velocità drummistica del già citato Dave, che insieme al riffing certosino del fenomenale bassista Chris Richards (il migliore in ambito Brutal e non solo, secondo me) è paragonabile ad un tritatutto.Sempre superlativa la prestazione delle asce Hobbs-Cerrito, che eseguono riffs intricatissimi e al limite del geniale con precisione chirurgica, sovrastati dalla voce tombale di Frank Mullen, che questa volta si è tagliato a zero i capelli (mmmh…visita dal tricologo?No, dai, you rule Frankie!).
Geniale, assassino, tecnico come altri pochi hanno saputo fare, ”Despise The Sun” trova i suoi punti di forza nelle cinque incredibili canzoni che contiene, composte ed arrangiate da una band che, in quanto a genialità, sembra superiore di una spanna e oltre a tutti gli altri e continua tuttora a buttare fuori musica come pochi altri, là fuori, hanno saputo fare nell’ultimo decennio.

Carico i commenti...  con calma