Nei Novanta, dopo "Black Sheets Of Rain", Bob Mould riunisce a sé il bassista David Barbe ed il drummer Malcom Travis, e forma gli Sugar, dalla breve ma intensa vita. Nel 1992 esce questo primo lavoro.
L'inizio è tutto dedito al punk melodico, ma non mieloso al punto tale da sembrare infantile. Ed alle orecchie del teenager con la cresta, non solo di quello del '92, come suonerà quest'album? Appagherà la sua voglia smodata di casino chitarristico e costestualmente di sigle di cartoons? Di certo, la voce di Mould non è certo quella di un adolescente spettinato, e di ciò l'adolescente s'avvede alla prima sillaba che gli sente cantare. S'accorgerà ben presto, in fin dei conti, che anche le cadute di stile - ovvero quelle cose che piacciono tanto ai pischelli con la cresta - , in questo lavoro sono pochine, dopo tutto. I fans degli Husker Du, invece, forse perché abituati troppo bene, al solo sentir pronunciare gli Sugar storcono il naso manco si stesse parlando dei Millencollin!
L'iniziale "The Act We Act" è un buon pezzo non scatenato con un ottimo ritornello ma un pessimo e troppo tradizionale solo chitarristico. "A Good Idea" ha una chitarra-zanzara che puoi scacciarla tutte le volte che vuoi, tanto lei torna sempre. Per inciso, la canzoncina è tanto simpatica che devi metterci uno con la faccia da ripetente ab aeterno, coi tatuaggi, coi capelli tinti di biondo platino, e non certo uno come Bob! "Changes" è un altro punk adolescenziale addolcito dai campanelli/campanacci delle renne di babbo natale. "Helpless" è l'emo: basta ascoltare il giro di chitarra iniziale. "Hoover Dam" è una bella folk song elettrificata con però, nel mezzo e nel finale, parti di tastiera che Jean Michel Jarre è un uomo cha ha gusto, al confronto. Dopo il quartetto inziale, che sarà piaciuto al teenager con la cresta, sembra proprio che l'aria si sia fatta più adult oriented. "The Slim", che parla di un'amicizia persa a causa dell'A.I.D.S., è un pezzo superbo, pur non avendo accelerazioni per la quale, anzi al contrario un arpeggio rarefatto, nel mezzo del brano. La voce di Bob non è più fuori luogo, in questi territori, anzi è la migliore possibile. Si continua con le acustiche per un brano veloce e dolce dolce dal titolo "If I Can't Change Your Mind", roba che poteva essere scritta da bands come Lemonheads o Goo Goo Dolls (e che verrà coverizzata dai lecchini del rock, ovvero i Train).
Il punk adolescenziale si rifà vivo nella sgradevole "Fortune Teller", mentre "Slick" è un ottimo rock lento e scazzato. La finale "Man On The Moon" sembra un tentativo (maldestro) di unire punk moderno a glam. Pessimo lo spazio "solo musica" a metà del brano. Peccato, visto che Bob è sempre riuscito ad andar fuori dai ranghi coi suoi brani conclusivi, uscendone però con tanto d'applausi a scena aperta (vedasino più o meno tutti i finali dei suoi dischi, e leggasino le relative recensioni, tutte fatte da me ovviamente).
Se l'obiettivo era quello di presentare un disco "tutto singoli", beh, il tentativo fallisce al brano numero 5. Da lì in poi, un adolescente con la cresta che guarda MTV non sarebbe in grado di farsi gradire i restanti pezzi, ad eccezione di "If I Can't Change Your Mind" (che sarà effettivamente singolo, assieme a tre dei quattro brani iniziali, cioè il secondo, il terzo ed il quarto), in cui però stenterà a riconoscervi una punk band all'opera. L'amante, ma che dico amante, l'intenditore, no no, meglio ancora il sommelier degli Husker Du (notate la "leggera" vena polemica?), a questo disco neanche ci si è avvicinato, scettico - a ragion veduta, secondo il suo punto di vista - a riguardo di tutto ciò che Bob fu aldilà ed al di fuori della sua superba band degli eighties. Se ciò che si cerca, invece, è l'ennesimo album cantautorale di Bob Mould, ovviamente unico autore di tutti i pezzi targati Sugar, ci troveremo di fronte al "solito" Bob, che magari addolcisce un po' di più un paio di episodi ascrivibili a quel se stesso di buonumore, al fanciulletto che è in sé. E che per il resto ci offre ancora esemplari di rock "caustico", folk elettrificato, ballads atipiche ed un (stavolta non molto riuscito) esperimento finale di voci e suoni ipnotici.
Il disco avrà buon successo di critica nonché risultati di chart positivi. New Musical Express gradirà al punto tale che per il 1992 "Copper Blue" sarà nientemeno che il disco dell'anno. Siamo alle solite: dov'era NME quando Bob tirava fuori "Black Sheets Of Rain"? E dov'era in una miriade di altri episodi ancora?
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