The Deal (2015): 6 brani in 54 minuti;

What One Becomes (2016): 5 brani in 59 minuti;

Love In Shadow (2018): 4 brani in 66 minuti.

Devo partire da questi numeri per iniziare il mio delirante e brevissimo discorso sul terzo lavoro dei Sumac di Aaron Turner; diminuiscono il numero dei brani prodotti, aumentando a dismisura la durata delle singole canzoni.

Sono sempre nella formazione a tre: una chitarra, un basso ed una batteria. E non sarà mai semplice l'ascolto di un loro lavoro.

Mai così vicini agli Isis come in questa occasione; in particolare nei lunghissimi passaggi strumentali dove la cieca furia lascia spazio ad eterne divagazioni. Suoni dilatati, aperti, ripetizioni mantriche dall'elegiaco incedere. Per poi ripiombare in suoni caotici, bestiali, con la voce di Aaron che offende grazie ad un growl furibondo. Post-Sludge martellante che assume sembianze Industriali ricordando gli esordi dei seminali Scorn.

Un'immagine vista in questi giorni di incessanti pioggie in TV ben si adatta a Love in Shadow: lo scolmatore dell'Adige che scarica nelle quiete e cristalline acque del Lago di Garda, per evitare esondazioni nella città di Verona, 350 metri cubi al secondo di fangosa e gelida melma. Nel medesimo modo i Sumac riescono ad unire tremendi passaggi di una soffocante cattiveria a momenti mistici di adamantina bellezza.

Uscendone ancora una volta da vincitori...THE TASK...

Ad Maiora.

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