A tre anni di distanza dal debutto da solista del 2007, il buon "My Winter Storm", Tarja Turunen, ex-vocalist dei Nightwish che ha abbandonato la band di Tuomas Holopainen per motivi ormai stranoti e che non starò qui a ripetere, decide di provare a lasciare un suo personale segno nel mondo del metal pubblicando un album le cui sonorità abbandonano quelle "invernali" del precedente disco in favore di un sound più orientato verso quella componente heavy che da sempre manca anche al gruppo dal quale si è separata; nel fare ciò, la nostra si circonda di ospiti più o meno illustri del mondo del metal (Joe Satriani con la sua chitarra in "Falling Awake" e Mike Terrana alla batteria solo per citarne alcuni) e avvalendosi di una grandissima produzione che rende il disco un vero piacere per le orecchie.
Dispiace dunque notare come, nonostante i grandi musicisti chiamati a raccolta e il fatto che Tarja stessa abbia deciso di mettersi in gioco suonando il piano (cosa non da poco per una produzione del genere), ascoltando questo "What Lies Beneath" si avverta costantemente la sensazione di occasione sprecata: la Turunen è infatti da sempre divisa tra la propensione a soddisfare i fan che la vogliono vedere cimentarsi in pezzi heavy e la sua naturale tendenza a usare la sua voce per ballate e pezzi più melodici (ascoltare "Sleeping Sun" da "Oceanborn" e "The Reign" da "My Winter Storm" per farsi un'idea). Da ciò ne deriva un disco schizofrenico che si divide in brani tipicamente metal, come "Dark Star", "Little Lies" e "Crimson Deep", e ballatone lente (troppo lente) quali "Underneath" e "Rivers of Lust"; ciò in realtà non sarebbe neanche un male, peccato che, nonostante la buona qualità di tutti i pezzi, ci sia sempre quella sensazione che ci sia un frano a mano agli strumenti e alle idee perennemente tirato e che si toglie di mezzo solo in determinate occasioni. Dispiace poi che, quando ciò accade, i risultati siano sempre di ottimo livello: "Until my Last Breath", "Falling Awake" e "I Feel Immortal" presentano dei ritornelli azzeccatissimi (non a caso sono stati scelti come singoli), "In For a Kill" si fa ampiamente apprezzare per il suo crescendo pieno di pathos, "Anteroom of Death", con la sua melodia di clavicembalo molto à la Emilie Autumn, è una piacevole sperimentazione con sonorità mai toccate dalla Turunen e "The Archive of Lost Dreams", con il suo testo suggestivo, mette in risalto le buone capacità di autrice della nostra; peccato solo che Tarja non sia capace di ricreare la stessa magia nelle altre canzoni dell'album.
Il risultato finale è comunque un disco piacevole e che raggiunge ampiamente la sufficienza, dato anche il fatto che al microfono c'è sempre una dotatissima soprano che, anche in "What Lies Beneath", ci regala una buona prova vocale (anche se si fa notare un non troppo piacevole abuso del vibrato). Rimane però un certo dispiacere nel vedere, o meglio, sentire sciupata l'occasione di dare alla luce un secondo album di qualità veramente alta che superasse il comunque buono "My Winter Storm" (che, tra l'altro, si presentava più coeso e solido in termini di concept e sonorità). Spero dunque in una prova migliore con l'imminente "Colours in The Dark", in uscita ad Agosto e il cui singolo "Victim of Ritual" sembra promettere bene.
Ultima nota: di "I Feel Immortal" consiglio ampiamente di ascoltare la versione di Kerli, cantautrice estone che ha composto la canzone per Tarja e che ha ri-inciso il pezzo per "Frankenweenie Unleashed!", raccolta di canzoni ispirata a "Frankenweenie" di Tim Burton.
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