Se l’anno in cui il Thrash classico aveva sfondato con i “soliti” “Reign In Blood”, ”Master Of Puppets”, “Spreading The Disease/Among The Living”, ”Peace Sells…But Who’S Buying?” era stato il glorioso 1986, l’anno successivo, il 1987, non si prospettava certamente meno redditizio.
Nel 1987, infatti, presero vita due importantissimi capolavori senza tempo del Thrash “musicalmente un po’ più spinto”, lavorano che avrebbero partorito grandissime ispirazioni per le band più influenti a venire, soprattutto in ambito Death Metal.
Questi due “documenti storici” rispondevano al nome di “The Legacy” dei novellini Testament e “Scream Bloody Gore” dei Death del povero Chuck.
Probabilmente, anzi direi sicuramente, il secondo era più importante del primo, ma solo siccome generava con la sua uscita un filone del Thrash più estremo che avrebbe preso il nome dallo stesso gruppo.
Il primo lavoro era invece passato leggermente sottotono, vuoi per l’importanza di “Scream Bloody Gore” che attirava in pratica solo su sé gli elogi della critica specializzata, vuoi per la solamente sufficiente produzione che sminuiva leggermente l’immenso valore del capolavoro.
I Testament riuscirono in ogni caso a tornare in luce l’anno successivo, grazie al secondo lavoro che si presentava come uno dei dischi più influenti degli Anni ’80.
La produzione migliora nettamente, i Testament si rendono consapevoli di avere in formazione un autentico genio delle sei corde, Alex Skolnick, e sfruttano il vantaggio al massimo, capiscono che l’ora della vendetta è arrivata…Insomma, i Testament diventano ancora più fottutamente grandi di quello che erano già, e il capolavoro viene sfiorato.
Ci sono canzoni in questo disco che non ho mai sentito in altri gruppi e che nemmeno gli stessi Testament sono riusciti ad eguagliare: ciononostante, alcune pecche marginali ma complessivamente abbastanza influenti impediscono a “The New Order” di diventare il capolavoro dei Testament.
“Eerie Inhabitants”, l’opener del disco, conferma pienamente le intenzioni che animavano i cinque: chitarra elettrica paurosamente creativa e pervasa dal gusto neobarocco del grandissimo Alex, rabbia da vendere ma sempre condita da una gran dose di melodia, un buon bassista, Greg Christian, che insieme al batterista “italiano” Louie Clemente formava una delle migliori sezioni ritmiche dell’epoca, il tutto accompagnato dalle vocals infiammate dell’enorme Chuck Billy, probabilmente il miglior cantante che il Thrash estremo abbia mai partorito.
La formula vincente si ripete e prolunga per tutta la durata del disco, nel quale spiccano le favolose title track, ”Trial By Fire”, ”Into The Pit”, la strumentale “Hypnosis”, ”Disciple Of The Watch”, ”The Preacher” e l’impressionante “Musical Death (A Dirge), che non esito a definire la “Starway To Heaven” dei Testament, che conferma appieno le grandi capacità tecnico-compositive di Peterson e Skolnick, facendoci provare emozioni mai sentite e rizzandoci i peli del collo grazie ai magnifici, tecnicissimi, semplicemente sublimi e perfetti assoli del succitato musicista, il classico chitarrista che sa sempre suonare la nota giusta al momento giusto.
A questo punto il cinque sarebbe più che meritato, ma viene impedito da una stanca e noiosa cover di “Nobody’S Fault” degli Aerosmith, che suona pallosa già dall’inizio nonostante un’interpretazione a dir poco energica del frontman Billy, e una demotivata “A Day Of Reckoning”, che gioca troppo azzardatamente coi tempi dispari bissando il suono diretto e regolare del Thrash testamentiano.
Consigliato a tutti: metallari e non, insegnanti di chitarra classica ed elettrica, bassisti che cercano un disco Thrash dove il basso sia suonato benone e soprattutto si senta, cantanti che si credono più bravi di Billy quindi rei di aver sminuito con la loro coglionaggine la bravura del gigante.
Ma il cinque non posso davvero darglielo: quello, è meglio lasciarlo a “The Legacy” e a “The Gathering”…
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