C'è stato un breve periodo di tempo nella storia del Rock, tra l'uscita di Appetite for Destruction e quella di Nevermind, in cui l'industria discografica annusò il business dell'Hair Metal.

Tutti (ma proprio tutti!) furono costretti a cotonarsi i capelli, farsi le meches e mettersi rossetto e rimmel...insomma, il trionfo del machismo da checche pazze.

Ebbene, anche un chitarrista rispettabile come Billy Duffy, dall'incontestabile passato postpunk e new wave, dall'iconico aspetto Rockabilly con il suo bel ciuffo biondo a banana e il chitarrone bianco Gretsch, fu costretto a farsi crescere i capelli e a imbracciare la Gibson d'ordinanza.

The Cult - Sonic Temple

Messe da parte le velleità dark wave e psichedeliche di Love e l'Hard Rock classico di Electric, nel 1989 vede la luce Sonic Temple, un album dove l'onesto gruppo inglese ripercorre la strada di un suono zeppeliniano rivitalizzato (o mortificato?) dal clima losangelino di fine anni '80, i cui riferimenti culturali e di costume erano Tommy Lee quanto Peter North, Axel Rose e Ron Jeremy, Lita Ford e Traci Lords...

I pezzi sono tutti catchy e molto americani. Semplici, diretti ed efficaci.

Insomma, all'epoca ci si passava una buona oretta allo stereo, immaginandosi improbabili fughe a cavallo di un'Harley Davidson, inseguiti da bionde poliziotte molto sbottonate.

Quel giorno del lontano 1989 in cui mi comprai il disco, ero con una ragazza molto carina (un gran gnocca per la verità).

Le feci il pippone su chi erano stati fino ad allora i Cult...lei molto tranquilla mi disse: "Io ascolto solo i Doors. Mi piace Jim Morrison!"

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