In un primo momento Robert Smith aveva pensato per la versione Deluxe di Mixed Up (…. e, vi giuro che mai avrei immaginato un Deluxe di quel disco del 1990- a quei tempi ascoltato solo per curiosità, ma subito snobbato a largo favore del grande singolo Never Enough/Harold and Joe) ad una collaborazione con band che aveva sempre amato come Cranes, My Bloody Valentine, Mogwai, Nine Inch Nails, ecc., per un nuovo disco di remix. Poi, remixando egli stesso “Three Imaginary Boys”, e, catturato da quel processo creativo, decide di proseguire per quella via che lo porterà ad aggiungere, oltre al rispolvero di un doppio Mixed Up (con l’album Mixed Up del 1990 e un’altra collettanea di Remix 1982 -1990) del preziosissimo Torn Down: Mixed Up Extras 2018, un terzo album di Remix dei brani più amati. Ora, fa una certa impressione scorrere i titoli:

  1. Three Imaginary Boys- Help Me Mix by Robert Smith
  2. M- Attack Mix by Robert Smith
  3. The Drowning Man- Bright Birds Mix by Robert Smith
  4. A Strange Day- Drowning Waves Mix by Robert Smith
  5. Just One Kiss- Remenber Mix by Robert Smith
  6. Shake Dog Shake- New Blood Mix by Robert Smith
  7. A Night Like This- Hello Goodbye Mix by Robert Smith
  8. Like Cockatoos- Lonely In The Rain Mix by Robert Smith
  9. Plainsong- Edge Of The World Mix by Robert Smith
  10. Never Enough- Time To Kill Mix by Robert Smith
  11. From The Edge Of The Deep Green Sea- Love In Vain Mix by Robert Smith
  12. Want- Time Mix by Robert Smith
  13. The Last Day of Summer- 31 August Mix by Robert Smith
  14. Cut Here- If Only Mix by Robert Smith
  15. Lost- Found Mix by Robert Smith
  16. It’s Over- Whisper Mix by Robert Smith

Il mio primo dubbio è stato: ma come si fa a remixare "The Drowning Man"???

Ad ogni modo, l’ascolto di questo Torn Down, proprio perché spalanca spazi abissali di memoria personale, può far storcere il naso a qualcuno per la resa finale, ma secondo Robert Smith bisogna sfatare tutti i dogmi imposti dalla nostra emotività su alcuni capolavori che da fan riteniamo intoccabili (per quanto mi riguarda, "Three Imaginary Boys- Help Me Mix" è proprio il meno riuscito, mentre ci sono altre tracce molto belle che vale la pena ascoltare). Per questo motivo di Torn Down preferiamo non descrivere nulla, esercitiamo una epoché, per lasciare ad ognuno la sua particolare e originale fenomenologia!

Certo, qualcuno dirà: per i quarant’anni dei Cure, neanche l’ombra di un nuovo album di inediti? Ma proprio qui sta il dramma creativo che si trascina, ormai, da tempo Robert Smith (già presente in Wild Mood Swing del 1996 fino ad arrivare all’insipido 4: 13 Dream del 2008). Curiosa anche è stata la scelta di chiudere dolorosamente con la discografia dei Cure per la Fiction Records dopo il doppio DVD Trilogy- Live In Berlin (2003), affermando che l’album Bloodflowers (2000) concludeva degnamente, ma definitivamente, l’epoca della produzione dei dischi seminali del gruppo; tuttavia, è recente la notizia che ha ripreso a scrivere e a lavorare in studio per alcuni demo interessanti (altri meno), dichiarando l’uscita di un nuovo album per il 2019 (..ed era anche ora “caro Robert” di ascoltare un album con l’ormai super rodato Reeves Gabrels, che se lo merita…). E se le crisi creative di Robert Smith non spostano di un millimetro l’amore indissolubile di milioni di fan sparsi nel mondo, mi preme sottolineare un dato che emerge dall’ascolto del triplo Mixed Up- Deluxe Edition, (pubblicato in concomitanza con i festeggiamenti per i 40 anni di carriera (il Meltdown Festival e il prossimo concerto a Hyde Park).

Da un rapido sguardo ai brani presenti nei tre dischi del Deluxe, casualmente, emerge un nutrito numero di brani provenienti della raccolta Japanese Whispers del 1983. Ma non è poi tanto casuale. Qui dobbiamo ricordare un nome: Chris Parry, mentore discografico di Robert Smith e soci fino al 2001; a cui si deve gran parte del supporto alla straordinaria fortuna mondiale dei Cure. Infatti, fu proprio lui (oltre ad ingaggiare la band inglese, esattamente quarant’anni fa -1978, per la sua etichetta discografica) a traghettare, e salvaguardare, il destino umano di un leader quando dopo "Pornography" sembrava prepararsi al peggio (allora Smith dichiarò pubblicamente che si sarebbe ucciso prima dei 25 anni). Al contrario, il grande intuito di Parry provocò nel genio creativo di Robert Smith quel cambio di rotta verso sonorità spudoratamente pop e dance (The Love Cats, Let’s Go to Bed, The Walk), assenti ed inimmaginabili nella scrittura compositiva della band, prima del 1983 (più vicini a Joy Division/Buzzcocks). In questo modo Robert Smith, oltre al canone-Cure, ha sviluppato (ed allargato), nel corso degli anni, una sua specifica attitudine al pop, aggiungendo un po’ di tutto (e di più): dagli ammiccamenti al Jazz, all’uso bislacco dei fiati, dai riferimenti a Bowie di Young Americans, al flamenco (The Blood) o addirittura al valzer (The 13th). Per cui l’azzardo sul pop, pur di dare almeno un seguito alla storia dei Cure (invece di dileguare in un impossibile prosieguo tematico a "Pornography"), fu, in ultima analisi, più che provvidenziale.

Da quel fatale crocevia per Robert Smith non c’è stato più scampo: si consolida come icona dark esistenzialista indiscutibile, sconvolge la vita di generazioni di fan, provoca nell’immaginario collettivo un radicamento del sound dei Cure senza precedenti per una indie band, la medesima che ha saputo guardare anche oltre le seduzioni oscure di un sound tutto avviluppato nella rabbia psicotica dark, di cui saranno sempre ineguagliabili maestri.

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