Un ticchettio di pendole, un suonar di campane, il trillare nevrotico di una triglia, o forse di una sveglia. Poi, a braccetto di un forsennato e circense basso quasi wave, arriva, come fossimo all'inizio di un viaggio nel tempo, quel bel suono lisergico che molti spalmavano nelle canzoni pop della dolce Albione sessantasei sessantasette.
E anche la voce, che subito dopo entra in campo e ci avverte di voler distruggere il tempo , sembra arrivare da quella magica stagione di colori, profumi e lieta follia.
Quando poi, al minuto chissàquale, come sorprendente e inaspettato intermezzo, parte una meravigliosa ed espansiva fuga acida che quasi diresti canterburyana, ti sembra davvero di essere tornato a casa, oppure, se preferite, in quella venticinquesima ora (dove tutto è possibile) a cui allude il titolo
Oh si, quella meravigliosa fuga acida porta davvero lontano. O meglio, porterebbe davvero lontano, se non ci fosse qualcosa d'impercettibile che ci avverte che si sta, forse, solo giocando. E quel qualcosa di impercettibile altro non è che una scienza chiamata "non prendersi troppo sul serio". E, tutto sommato, va lontano pure lei.
Finita la fuga acida si riprende poi come prima, fino a un finale macho e percussivo comprensivo di urletto e overtime di dieci secondi di strani suoni free form.
L'effetto è di dolce (lieta) (lietissima) (lieve) (lievissima) parodia...come una dichiarazione d'amore fatta da un fool che poi così fool non è... come se un manipolo di burloni e arditi avanguardisti si fosse preso di nuovo una scuffia per il lattemiele del pop del bel tempo che fu.
Questo effetto cresce poi di canzone in canzone. "Il giro in bici fino alla luna" e "Il mio amore esplode", sono infatti una via di mezzo tra giostrine e lanterne magiche, dove accade di tutto, tra giocose pianole, dolcissimi e incongrui effetti carillon, pallidi e gioiosi rumorismi, grattuggiamenti di chitarre e dio sa cos'altro.
Ma dove siamo finiti e soprattutto chi ci ha portato fin qui?
Finiti siam finiti proprio in quella venticinquesima ora che dicevamo, dove tutto, tutto è possibile, persino un incontro, senza star tutto il tempo a litigare, tra la mia mamma sixties e la mia stilosa e nevrotica sorellina post punk.
Ah, è bello vederle andare così d'accordo. E non importa se manca il babbo, i babbi non contano un cazzo.
In queste nostre magiche riunioni di famiglia è certo la mamma a divertirsi di più, oh si, è lei che si lascia andare ai ricordi e dice che quello sfarfalleggiare tra delizie le fa venire alla mente il carrettino di boccettine colorate e frutta caramellata piazzato davanti all'uscita di scuola.
Che volete, ai suoi tempi si straparlava d'infanzia nelle canzoni ( e i campi di fragole e le linee penny e i pifferai e le mamme matilda...). E non era mica una stupidata, che persino un grande poeta come Rimbaud l'aveva menata sul ritrovare la potenza delle sensazioni infantili.
E, comunque, si limitasse al carrettino la mia mamma!!! C'è un sacco d'altra roba, che so, le cantine polverose, l'ombra degli alberi, lo stropicciarsi gli occhi, le canzoncine d'infanzia, i poeti di sette anni, le biciclette scassate.
Ma, tra tutte ste cose, mi tengo il carrettino. Che è proprio di boccettine colorate e frutta caramellata che fa scorta quel tale che se ne va in bici sulla luna in "Ride bike to the moon". Beh no, sto mentendo spudoratamente, che, in realtà, il tale, da buon inglese, si porta dietro il the e un dolcetto chiamato "angel cake".
E sulla luna sempre quel tale, ci vorrebbe andare "per prendere una polvere magica per non far piovere sulla testa dello zio Alfred", un malinconico che se ne sta sempre a letto.
Ci vorrebbe andare, ma poi non ci va e se ne sta li con "una cosmica gomma a terra". (sempre che con il mio inglese da due soldi io abbia inteso bene il testo)
Oh si, parodia o non parodia, la mia mamma sixties ci sguazza davvero in storielline come queste.
Ma anche la sorellina si trova a suo agio, che se la ricorda pure lei la frutta caramellata e non le dispiace affatto vederla accoppiata a quell'imperccettibile nevrosi post punk che se ne sta ben nascosta...
Ben nascosta da cosa, direte voi? Ma come da cosa? Ma dai colori di quel magico carrettino!!! Non c'è forse qualcuno che cattura l'arcobaleno, nel bellissimo brano tre del disco, ovvero "My loves explodes"?
Oh si , parodia o non parodia, quel qualcuno cattura l'arcobaleno e canta canzoni colorate.
Ma non abbiamo ancora detto chi ci ha portato fin qui. Beh, nientemeno che Sir John Johns, The Red Curtain, Lord Cornelius Plum, E.I.E.I. Owen, ovvero The Dukes of stratosphear. Che altro poi non sono che gli XTC in vacanza.
E anche questa cosa dei nomi fittizi è una meraviglia. Vengono in mente Drumbo, Mascara Snake, Zoot Horn Rollo, quelli della banda magica del capitano insomma.
O i Can, che non si davano nomi fittizi, ma si attribuivano ruoli favolosi, con Micheal Moneey che, ad esempio, non si definiva un cantante, ma un comunicatore linguistico stellare.
"25 o'clock" è un piccolo album, solo sei canzoni. La quattro, la cinque, la sei sono all'incirca come la uno, la due, la tre. Ancora giocose pianole, dolcissimi e incongrui effetti carillon, pallidi e gioiosi rumorismi, grattuggiamenti di chitarre e dio sa cos'altro.
Oppure, per essere più precisi: riverberi, echi, fuzz, chitarre incise al contrario, organi farfisa, sitar, tablas e, di nuovo, dio sa cos'altro.
"Your gold dress", con il magico alternarsi di sospensione psichedelica e incongrua esplosione pop, è la mia preferita (forse).
"The mole from the ministry" parte con un canto d'uccellini, prosegue con una assurda voce da cartone animato accompagnata dalla solita pianola carillon e poi parte una super melodia alla Beatles, con sottofondo di voci accellerate. Insomma il grottesco e il sublime insieme.
Su "The mole of ministry" aleggia poi il fantasma dei The Moles, misteriosi autori di un favoleggiato album perduto dei sixties che inizialmente era stato attribuito ai Beatles. E, certo, anche se c'è bisogno di non prendersi troppo sul serio, un po' di sana mitologia non guasta.
Ma sentite Andy Patdridge, a proposito di infanzia e influenze musicali: "alla radio non c'era niente di veramente interessante per un bambino, eccetto le novelty song, che erano canzoni folli con voci accellerate, roba per ragazzini. Mi interessava qualsiasi musica che contenesse quelle voci, o un eccesso di riverbero, o frammenti di conversazione o strani rumori..." Ecco da dove viene, in realtà, "The mole from the ministry"!!!
Che la psichedelia dice sempre Patdrige era "il proseguimento di quello che mi piaceva da bambino". Syd Barrett penso che avrebbe potuto dire la stessa cosa.
Non ho ancora detto niente di "What in the world", brano dal bellissimo suono acido, dagli effetti aerei prodotti da dio sa cosa e dai meravigliosi stridii: il tutto su una faccenda ancora molto alla Beatles.
Ma non c'è un brano in questo disco che non sia un capolacoro.
Si, l'ora venticinque è davvero una cosa perfetta. E come il primo dei Floyd, come "Taking tiger mountain by strategy" di Eno, come "Safe as milk" del Capitano, appartiene alla schiera dei dischi antidepressivi. A me basta ascoltarne una nota per sentirmi subito meglio.
D'altronde in "My love explodes", parodia o non parodia, non si dice forse "quando gli uomini retti dalla bombetta di plastica afferrano la tua anima e la tirano giù, chiamami col tuo telefono del sogno, io arriverò subito e li spazzerò via".
Ed è proprio così, l'ora venticinque arriva e li spazza via. Si, si, è proprio così.
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