Ebbene si, sono ancora in giro.
Ho sempre considerato gli Offspring una spanna sopra rispetto a tutti gli altri gruppi della seconda ondata punk anni 90 (che poi tanto punk non era) a cui spesso sono associati. Certo, nella loro discografia mancano particolari evoluzioni o album più complessi (in stile “American idiot” dei Green Day per esempio) ma quello che facevano lo hanno sempre fatto bene, spesso meglio degli altri. Un Rock abbastanza personale con elementi punk e talvolta pop sopratutto per quanto riguarda i singoli proposti, senza cadere troppo nello smielato alla Blink 182, tanto per continuare a fare paragoni con i compagni di scuola.
Non c'erano solo i “singoloni” però all'interno dell'album, l'ascoltatore poteva trovare brani più spinti e/o di qualità che insieme ai testi interessanti hanno sempre mantenuto alto il livello nel loro periodo migliore composto da 6 album, che va da “Igniton” del '92 fino al sottovalutato “Splinter” (2003). Dopo il suddetto è iniziata una progressiva discesa e ci siamo trovati due album (“Rise and fall” e “Days go by”) spaccati a metà: Una parte da buttare e una parte valida, già nell'ultimo però si notava un ulteriore peggioramento che prosegue con questa ultima fatica.
I californiani tornano dopo ben 9 anni presentandosi senza lo storico bassista e co-fondatore Greg K ( il frontman Dexter e il chitarrista Noodles sono gli unici due membri originali rimasti) e con solo 33 minuti di cui: 2 inutili intermezzi (la finale “Lullaby” che diavolo è?), ”Coming for you” che già girava dal 2015 come singolo e la riproposizione del loro grande classico “Gone away” di cui non sentivamo il bisogno, anche perchè seppur con una voce perfetta per il sound della band, Dexter Holland non è proprio il tipo da canzone piano-voce. Cosa rimane dei restanti (pochi) minuti? Canzoni brevi dalle strofe deboli che puntano tutto su cori e ritornelli come il pessimo omonimo singolo (è da un po' che hanno perso anche la capacità di fare i suddetti singoli orecchiabili ma riusciti) senza particolari cambi di marcia o sorprese anche perchè ormai più escono dal loro territorio classico più danni fanno, come accade con la swing-pop “We never have sex anymore” (che girava già dal 2018 addirittura con un videoclip). Sarebbe utile fare un track by track perchè siamo di fronte anche stavolta ad un album di alti e bassi, ma mi limito a dire che verso la fine quando le speranze erano ormai perse, ci ricordano che ci sanno ancora fare con “Hassan Chop” e “The Opioid Diaries” che con “Coming for you” si uniscono alla triade delle uniche canzoni davvero degne di nota. Le altre da salvare sono “Behind your walls”, “Breaking these Bones” e "This is Not Utopia", discrete ma niente di che, al tutto aggiungiamo la classica produzione compressa e piatta di Bob Rock e alla fine ci si chiede qual è peggio tra questo ed il predecessore che almeno si chiudeva con 2 canzoni degne di un Greatest Hits. Dispiace essere di fronte a quello che probabilmente è il loro album peggiore, di una band comunque valida, spesso sottovalutata sotto l'etichetta “Quelli pop punk degli anni 90”, ma stavolta la parte da buttare ha superato quella buona offrendoci solo 5 canzoni ed è davvero troppo poco, la sufficienza scarsa se la portano a casa ma con più difficoltà del solito. Sarebbe stato più dignitoso far uscire un EP invece di un album evidentemente messo su a fatica con rattoppi riempitivi qua e la, che non era obbligatorio pubblicare. Insomma se non siete loro fan la golden era a cui guardare io ve l'ho detta.
5/10
Tracklist:
01. This Is Not Utopia
02. Let The Bad Times Roll
03. Behind Your Walls
04. Army of One
05. Breaking These Bones
06. Coming For You
07. We Never Have Sex Anymore
08. In The Hall of the Mountain King
09. The Opioid Diaries
10. Hassan Chop
11. Gone Away
12. Lullaby
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