Tre anni dopo la consacrazione con "This Is The Sea", il bello e tormentato Mike Scott da Londra s'è trasferito a Dublino... Ma forse è bene inquadrarli bene, questo cantautore e la sua personalità, prima di proseguire... Scott è il classico bravo ragazzo dai buoni propositi ma intriso di quel senso d'inquietudine, di ricerca, da quella speranza tutta christian rock... Come? Lo avevate già capito dalle copertine dei suoi dischi? Troppo ricciolone e "yeah" per essere il giovane Baglioni anglosassone degli ottanta, troppo chitarrista per essere melenso, troppo carino e dai lineamenti troppo aggraziati per un nichilista autodistruttivo...
Ed allora, nel pieno rispetto della propria personalità che a sua volta è nel pieno rispetto delle copertine dei suoi albums, il giovane va alla ricerca della musica e della terra (e del mare?) perfetti per la sua ispirazione, per la sua musica e per la sua anima. E trova il suo habitat non molto distante, anche se forse, per un artista scozzese emigrato a Londra per arrivare al successo, scegliere di staccare e di trasferirsi a Dublino è qualcosa di più di un semplice cambiamento, e magari è proprio una scelta di vita...
Fatto sta che le lievi ma ben avvertibili influenze folk di cui la sua musica è intrisa, qui in Eire prendono poderosamente il sopravvento sul chitarrismo, sul soul, su Patti Smith, sull'epic rock del suo tempo. L'iniziale titletrack già ti spiega tutto e sin dall'inizio: questo è "finalmente" il disco folk dei Waterboys. Si salirà quindi in una malinconica "Strange Boat" tra piano delicato e violino che ti sussurra una ninna nanna, aiutato da un'armonica a bocca. E nel frattempo, reduci forse da quella corrente folk-rock di "This Is The Sea", sono arrivati anche gli unici due pezzi più pestati, "We Will Not Be Lovers", sax e violini in opera incessante sopra le chitarre, per un rock non velocissimo ma intenso e stratificato, e "World Party", sentimento panico e perfetto abbinamento tra folk e "wind rock", sul cui finale s'aggiunge una tromba da castello medievale....
Mike non ha fretta, e dentro di lui scorre una corrente, una linfa verde irlandese nuova, che ha voglia di scorrere fino all'ultimo. Ed in "Sweet Thing", piano e violino e voce, si suona fino a sette minuti e più, fino a quando appunto anche le pile del cuore non si scaricano del tutto. Il violino prende note così strambe in quel lentissimo sfocare via che Mike e soci meriteranno grandi applausi per questo loro strambo gusto di far ancor più belle le cose belle.
Un interludio intitolato "Jimmy Hickey's Waltz", divertissement fatto per spiegarci che in Irlanda siamo tutti di bocca buona, siamo tutti amici e siamo tutti ubriachi... "A Bang On The Ear" è un episodio tradizionale, ritmato, con un gusto più country che folk celtico (ma si sa, la differenza c'è e non c'è), dal violino che viaggia prevedibile sopra belle fisarmoniche. La voce di Mike è sempre la stessa, ma ad ogni canzone ti sembra suonar differente. Mai prima d'adesso avevo pensato potesse "essere country senza esserlo".
Van Morrison è un fantasma che aleggia su questo disco, ma forse su tutta la carriera di Mike Scott. Un artista superbo, uno di quelli giustamente ascesi all'olimpo della musica, olimpo cui l'anfibio semidio Scott aspira, per la pace della propria anima. Le affinità col supremo Van affiorano principalmente in "Has Anybody Here Seen Hank?", esempio perfetto di celtic blues. "When Will We Be Married?" è incredibile: su tutta una struttura folk si muove un cantato che nello stile ha moltissimo dei canti nativoamericani. La voce di Mike suona (volutamente) stanca e addolorata. Ultimi trenta secondi da colpo al cuore... Placida "When Ye Go Away", una moneta che non casca, "impiedi", la cui faccia destra si chiama folk, si chiama Irlanda, e quella sinistra si chiama country, si chiama United States of America.
Poesia, folk e profezia, per questo artista in cerca della pace panica e dentro di sè, che toccherà altre volte lidi prossimi alla new age come in questa leggendaria "The Stolen Child"... I bimbi non sono affatto perduti, scappano dalla crudeltà del mondo e si rifugiano in fondo al mare, muoiono e resuscitano narf, per quindi tornare sulla terra e salvarla... La fine del disco invece è il gioco, è la gioia di stare assieme, l'amarsi; "This Land Is Your Land" si sostiene... Anche la mia, anche quella di colui che vive dall'altro lato del mondo... Una terra che è una casa. Da amare in tutte le sue suggestioni... Sèntila tua e sèntiti suo, ovunque tu sia.
Mike Scott e tutti i suoi Waterboys, con questo capolavoro, porteranno "la casa dell'anima" in giro per il mondo, e nelle case di noi tutti. Ed anche noi avremo il nostro piccolo rifugio di serenità, a portata di mano, ogni volta che vorremo.
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