Secondo me Mike Scott, più che un semplice neo-pagano, potrebbe essere una strega vera e propria, in particolare una strega Pictish, scozzese per tradizione, e che va perseguendo l'armonizzazione del sé con i vari elementi della natura. Certo, potrebbe essere legato anche alla tradizione di stregoneria caledoniana, in quanto anch'essa tradizionalmente scozzese, poiché forma d'"Arte" non solitaria, ma al contrario da vivere in comunità. E d'altro canto, suoi brani storici quali "The Pan Within" e "The Return Of Pan" tradiscono conoscenze del pantheon dianico (Pan, se non erro, rappresenta tra le altre cose il dio della musica e dell'abbandono estatico in preda a questa).
Ad ogni modo, basta leggere i testi delle canzoni presenti in questo "Universal Hall" (non che i precedenti dischi scherzassero, comunque!), per accorgersi di quanto la sua mente sia a dir poco influenzata da conoscenze, sapienze, studi e cliché tra il neopagano ed il magico. Ma che ho detto? Leggere le lyrics è superfluo, basta appena trovarsi al cospetto della tracklist! Abbondano titoli a metà strada tra l'"animista", il "christian rock" e lo stregone, quali "This Light Is For The World", "Seek The Light", "I've Lived Here Before", "E.B.O.L." (cioè Eternal Being Of Love)... Se poi ci mettiamo dentro "Peace Of Iona", la (da lui) tanto celebrata isola dei millenari pellegrinaggi e rituali, in cui Scott apprezza la pace dei suoi sassi, della ghiaia della sua spiaggia, delle rocce, delle piante, degli uccellini ecc., allora si capisce il perché dell'accostamento all'Arte Pictish piuttosto che all'Opera di San Francesco.
Questo disco è stato inciso nello studio sotterraneo dell'Universal Hall, suggestivo teatro pentagonale (!) tutto legno e vetro decorato, che si trova a Findhorn, Scozia, città-comunità new age nonché sua ultima (ci sono buone probabilità che sia anche definitiva) residenza, e ad esso è dedicato. Un simbolo, per quelle enormi vetrate a forma di ali d'angelo nelle ante dell'ingresso principale, un simbolo per la sua forma, per le decorazioni sui vetri ad opera d'un artista americano, un simbolo perché una gigantesca struttura in legno interamente immersa nel bosco... Il simbolo di una città, di una comunità, di una cultura e soprattutto di uno stile di vita: il neopaganesimo.
E nel pieno inverno, nel bel mezzo di questo bel bosco scozzese, nasce questo disco di folk spirituale e scarno, teatrale e minimale al contempo. Si va oltre il folk, e le tipiche chitarre del genere non strimpellano più; così come i tamburi non rullano, i tasti del pianoforte, una volta premuti, emettono suoni che non echeggiano, ed il violino celtico non stride... Questo è il folk di Findhorn, Scozia: arrangiamenti all'osso, suoni che non erigono il giusto muro.
Mike Scott ed il suo suono non hanno più nulla a che vedere con il ricco e pregno Fisherman's blues: è inverno, a Findhorn, e fa un freddo cane, e la neve che è scesa giù copiosa attutisce tutto quanto. Scott sceglie di puntare sulle atmosfere, e buona parte dei brani, oltre ad essere scarna d'arrangiamenti, od ha testi semplicissimi o quasi non ne ha proprio: "Christ In You", "Silent Fellowship", "Ain't No Words For The Things I'm Feeling" ed "E.B.O.L." sono così: due, tre righe e ghiaccio, legno, voce e vetro.
A metà tra il country-man ed il protagonista d'un musical, Scott va da solo al pianoforte in "I've Lived Here Before", mentre in "Always Dancing, Never Getting Tired" t'aspetti che s'alzi finalmente una batteria, ed invece... I sentimenti implodono, ed il fiddle fa tutto il suo dovere fino in fondo, nel rituale di "Peace Of Iona". Ci sono anche simil-preghiere/invocazioni (Mike verrà scambiato aeb aeternum per un fondamentalista cristiano), una ghiacciatissima canzone di Natale (almeno quello sembra), del soul-folk, una tempesta elettrica (l'unica) in "Seek The Light"...
Momenti di grande ispirazione vanno senz'altro assieme ad episodi inferiori, ma quel che conta, a maggior ragione stavolta, è l'atmosfera: invernale, come s'è detto, e pacifica, altamente spirituale, panica ma placida. Pagana e rassicurante, come una singolare ma tranquilla cittadina in cui svernare.
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