I Whitefield Brothers sono Max e Jan Weissenfield, fratelli teutonici a dir poco nostalgici delle sonorità jazz-funk dei primi 70s. In the raw: nudo, il titolo suggerisce. Già, nudo a rotolarsi nel polverone del Sahra questo disco strumentale propone un deep-funk profondo quanto i paesaggi che dipinge: citarlo come un disco fresco è però un doveroso ossimoro.

Jazz: ce n'è da accontentare.
Funk: ce n'è da sbranare.

Un collettivo di tanti e diversi strumenti si rincorrono per ogni composizione concatenandosi in grooves che raggiungono sempre il massimo della stabilità; suoni legnosi che pulsano tra scanditi staccati creano una selvaggia orchestra di ritmiche carnivore.

Sbaffi etnici che renderebbero felice Mulatu Astatke, lande di afrobeat che compiacerebbero Fela Kuti, testardaggine nei mid-tempo che farebbe impallidire i The Meters: nel disco sono spesso evidenti i tratti di credibilissimo sound 70s rivelandosi più seguace che maestro solo a causa dell'ottima produzione. L'ipnotico kraut-funk simmetrico di Prowlin' evidenzia l'estetica psichedelica di questa musica tramite i suoi motivi volteggianti, ma al contempo Yakuba sembra scolpire la maschera in copertina tra le foreste di grooves in background. Ancestrale nei tratti somatici, tribale nei vaghi rimandi mistici, talvolta potrebbe trovare punti di intersezione con un Bitches brew: ma se di Miles di trattasse sarebbe lasciato prima anni a macerare.

Bitches marmelade, s'intende.

L'impronta di questa musica del passato è molto più che ben ricalpestata, e dai primi 90s, attraverso i Poets of Rhythm e successivamente trasferiti negli US i fratelli campobianco hanno con grande probabilità inciso un esemplare disco cardine di questo neo jazz psichedelico.

Rimasterizzandolo, la Now-Again ha sfornato una delle proposte più interessanti dell'intera etichetta, per chi scrive secondi solo agli Heliocentrics.

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