Nel 2015 Elara ha deciso di pubblicare la seconda antologia di Ligotti Grimscribe: His Lives and Works uscita in origine nel 1991. Per l’occasione, in accordo con lo stesso scrittore, si è deciso di tradurre il titolo del libro con l’efficace Lo scriba macabro. Il volume rappresenta un po’ il gemello de I canti di un sognatore morto tanto che la Penguin Classics nel 2015 li ha pubblicati insieme. La distanza temporale con cui Elara ha pubblicato Lo scriba macabro rispetto a I canti si spiega in parte con il fatto che, grazie alla serie True Detective di Nick Pizzolatto, lo scrittore ha smesso di essere considerato di nicchia. Purtroppo mancano 2 racconti molto importanti come “L’ultimo banchetto di Arlecchino” (che apriva la raccolta” originale) e “I mistici di Muelenburg”, entrambi già apparsi nel citato volume Elara del 2008. Non è questa una soluzione che mi convince molto ma, d’altra parte, giustamente Corridore ha fatto le sue valutazioni. Non bisogna dimenticare come lui sia stato, assieme a Ugo Malaguti, il primo ad accorgersi di Ligotti in Italia quando nessuno se lo filava.

La lettura de Lo scriba macabro conferma come leggere Ligotti sia un’esperienza estrema. C’è chi lo regge a piccole dosi o chi lo odia: la sua scrittura è ipnotica e, se ci si ci lascia prendere dalla sua arte, si ha vivida sensazione di vivere all’interno di un incubo. Successivamente si avverte quasi una sensazione di disagio, ma credo che sia un effetto voluto. I personaggi dei suoi racconti sembrano delle marionette in balia di un destino ineluttabile, un destino prevaso dalla “follia delle cose” come si può leggere in “Fiori dell’abisso” (presente in quest’antologia) in questo mirabile passaggio:

“Da giovane studente in filosofia usavo dire a me stesso: apprenderò la follia delle cose. Era qualcosa che sentivo il bisogno di sapere… qualcosa col quale sentivo il bisogno di confrontarmi. Se fossi riuscito ad affrontare la follia delle cose, pensai, allora non avrei avuto nient’altro da temere. Avrei potuto vivere nell’universo senza la sensazione di cadere a pezzi, senza la sensazione di essere sul punto di esplodere della follia delle cose che per la mia mente era il vero fondamento dell’esistenza. Volevo strappare via il velo che copre le cose e guardarle per come sono, non rendermi cieco ad esse.”

Ha forse ragione il compianto Ugo Malaguti, curatore di questa collana, quando sostiene che sente Ligotti più vicino a Poe rispetto a Lovecraft. Lovecraft non aveva la sensibilità esasperata e decadente di Poe mentre Ligotti, pur in maniera differente, è in possesso di una visione “malata” e nichilista dell’esistenza. Il suo in effetti potrebbe essere definito un “horror nichilista”. Ma questo non vuol dire che non si colgano riferimenti anche all’orrore cosmico del Solitario di Providence, come possiamo leggere in “Nethescurial” , dove compare un manoscritto pieno di oscuri presagi: si narra di un culto abominevole e di come i resti di un idolo siano stati fatti a pezzi e dispersi in luoghi sconosciuti. Ma il culto sembra in ancora tenuto in vita dagli appartenenti a una setta e il finale, come nella tradizione “ligottiana”, ci fa sprofondare nell’incubo. Tuttavia la sua opera, al di là dei possibili paragoni, mantiene una sua indubbia originalità. Delle volte possono essere degli oggetti banali come un paio di occhiali a farci dare uno sguardo verso un’altra dimensione della realtà: è quello che succede al malcapitato personaggio presente in “Gli occhiali nel cassetto”. Invece in altre storie come “Sognare a Nortown” assistiamo a inquietanti pedinamenti notturni o facciamo la conoscenza, in “Miss Plarr”, di un’istitutrice la cui anima si perde nella follia di “visioni” allucinate. “I bozzoli” riesce poi ad essere inquietante” con i suoi bizzarri esperimenti compiuti su esseri dalla natura non meglio precisata. Personalmente ritengo che il capolavoro di questa raccolta sia “Scuola serale” dove il protagonista cerca di seguire un corso tenuto da un professore in una scuola il cui edificio sembra corrotto e i cui corridoi sono avvolti da una sostanza liquida e maleodorante. L’unica nota negativa di questa edizione è la presenza (come nel precedente volume) di troppi refusi mentre la grafica è ben curata.

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