Nella mia personalissima classifica delle "100 cose che vabbè ce tocca", gli Anti-Flag occupano il 2° posto, ex aequo con il ritardo mestruale e gli shootout del Birramoretti (per i feticisti delle graduatorie, si contendono il primato la Juventus F.C. e la frase "Ti voglio bene come a un fratello"). Ma i Pippo Civati dell'hardcore hanno anche dei pregi:

- sono biodegradabili;

- hanno fondato la A-F Records.

Realtà discografica, questa, che ha regalato al sottoscritto alcuni dei migliori momenti hc punk degli Anni Zero. Etica DIY, poche seghe e tante botte. Pregi che, purtroppo, nulla hanno potuto contro il malanno che affligge intimamente la A-F: l'essere portatrice sana di sfiga. Ovvero, la scuderia vivacchia, ma i suoi cavalli, appena approdano ad un minimo di maturità artistica, vengono travolti dalle disgrazie più imprevedibili (gravidanze a casaccio, tendiniti croniche, lebbra, ernie ball introvabili...).

Parlo dei Pipedown e, soprattutto, dei Thought Riot. io i Thought Riot li amo da impazzire.

La brufolosa trimurti del me liceale annoverava AFI (sì, quelli lì), Bad Religion e ovviamente loro. Loro che non facevano dark-punk o altre cazzate partorite dalle velleità linneane del forum di Punkadeka. Facevano uno splendido hc melodico, figlio del marciume dei primi Adolescents e svezzato da AFI e Good Riddance. Erano dei Davey Havok con l'eterosessualità, insomma, nonostante avessero un paio di ovaie alla ritmica. Non che gli AFI 1997-2005 fossero eccessivamente checche, ma avevano quella (straordinaria) raffinatezza che un po' fiaccava la loro irruenza primigenia.

Tutt'altra pasta Mark Riot e soci che, nel loro capolavoro Sketches of Undying Will (2003), vanno lisci di power chord e Pete Finestone senza pensarci troppo: "With Love, the Underground" è un ottimo esempio di come dovrebbe essere un esordio hc degli Anni Duemila, fra cori, vocalizzi e breakdown; l'agghiacciante lungimiranza di "On New Tablets" è orchestrata in modo tale da appagare il più epilettico tra gli slamdancer; "Hard Words", infine, è una splendida galoppata: l'avessero scritta i Rise Against, avremmo già pronto un DLC per Guitar Hero.

Capisci però che l'album è d'eccezione quando esplori i suoi momenti più meditativi. Gli armonici di "The Hermit of Sils Maria" sono l'unico eccesso di lirismo di un album che se la tira senza tirarsela. Perché i Thought Riot stanno in fissa con Nietzsche e non fanno nulla per nasconderlo, anzi, si danno un tono. Evocano immagini suggestive ed intelligenti, come quella di un profeta rifugiato tra gli errori degli uomini, sfinito dalla cruda spietatezza delle sue rivelazioni. Ma te ne parlano sottovoce, senza mosciarti troppo le palle, consapevoli di non essere degli infallibili santoni dallo sloganismo facile (vero, Justin Sane?). Anche la politicizzata "I Voted for Nader", alla fine, è solo una smaliziata filippica contro l'atticismo militante, per nulla infarcita di stanca retorica.

Questo, dunque, il mio 2003. Questo il mio quinto ginnasio. Si erano rimpiazzati egregiamente gli AFI, che già con Sing the Sorrow sciorinavano manierismi forieri di MTV Awards e bretelle bianche. Ma questo hardcore dannunziano, tra denunce sociopolitiche ed eterno ritorno ("Glenview", "Cycle of the Streets"), era troppo interessante per durare: arriva il 2006 e i TR, invece che consacrarsi definitivamente, si dissolvono tra scazzi e tendiniti. Non me ne fregava più di tanto, allora: di lì a poco sarebbe uscito il meglio album di sempre: Decemberunderground (ci vedeva meglio il pendolino di Mosca, mi sa). L'horror vacui si sentì poco dopo. Spariti. Una scintilla e poco più. Dei Roberto Baronio qualsiasi. Una perdita incolmabile, almeno per me.

L'anno scorso, per caso, scoprii una loro release postuma, tale "Rock Is Not Revolution". La cosa migliore che avessero mai fatto. Melodicissimi ma incazzati. Più maturi, più stronzi. Che gran comodo farebbero oggi. Chissà che album avrebbero cacciato fuori, in quel 2006, se la meritocrazia esistesse. Invece esistono gli A Day to Remember, gli hashtag e la convinzione di cambiare qualcosa devolvendo due euro al sindaco di Firenze.

Quanto era bello il mondo senza Spotify e la condivisione compulsiva. Ho voglia di solitudine. Rivoglio il mio Soulseek ed il mio 2003. Ascoltare meno per ascoltare meglio. Rivoglio l'odore dei booklet nuovi. Rivoglio i miei brufoli.

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