Nonostante il popolo prog su DeBaser abbia disertato la mia rece sugli Utopia di Todd Rundgren, io, infimo ed indegno fan della quarta-quinta ora del Magician, mi accingo imperterrito a recensire il loro secondo disco. Dell'anno successivo all'esordio, come il precedente tutto live, anch'esso - come il debut - uscito pochi mesi dopo rispetto ad un lp di Rundgren, vede l'esordio nella line up di Roger Powel al basso e John Wilcox alla batteria, ovvero altri due quarti degli Utopia che saranno. In onore di ciò, Todd ritornerà a mettere l'apostrofo ed a rispettare il genitivo sassone nel nome della band (vedasi rece precedente)...

Diversamente però dall'anno precedente, qui ci si allontana dal prog, anche se non del tutto. Il progressive è un ingrediente tra i diversi, non più la spezia che dà più o meno lo stesso identico sapore a vivande diversissime fra loro, né tantomeno l'ingrediente essenziale, indispensabile, della pietanza... Come una torta le cui fette han ciascuna un sapore ed un gusto diverso, anche il prog è un gusto-retrogusto presente in solo alcuni episodi. Per altri brani, invece, si limita ad esserne alle volte "impasto", alle volte ulteriore farcitura, con fraseggi brevi o passaggi rapidi.

L'iniziale e quasi titletrack "Another Life", tra prog ed ottoni, è per metà una sigla d'un telefilm poliziesco anni settanta e per l'altra metà una sorta di versione progressive dei Manhattan Transfer. L'emozione pura arriva con "The Wheel", splendido folk da spiaggia californiana al tramonto. L'alchimista Todd, con qualunque cosa a disposizione, crea l'oro. Una delicata armonica, una amichevole trombetta ed uno xilofono gentile. Finale gospel incredibile tra l'audience che spontaneamente ha incominciato a tenere il tempo con le mani, e Todd naturalmente, solo con la sua voce, e con i suoi vocalizzi gospel stranissimi, originalissimi.

Quando torna il prog (jazz-)rock, nella forza espressiva di "The Seven Rays", si è quasi delusi: non che il brano non sia buono, non che il prog dispiaccia al recensore, ma al fan del Wizard non fu, fino ad allora, data alcuna possibilità di gustarsi le esibizioni live dell'artista e del suo repertorio solista (e quindi non progressive)... Ed il fan di oggi non ha alcun supporto per gustarsi dal vivo il Rundgren della prima metà degli anni settanta. Se l'intro è pressoché insignificante, il "signor Triscotti" di questa "Intro-Mister Triscuits" è un altro valido episodio per metà anthem e per l'altra metà ottimo jazz chitarristico. In "Something's Coming" invece, il prog s'avvicina moltissimo allo stile cantautorale di Rundgren, al suo pop "diagonale", inteso quale strambo - quindi 'obliquo' - e poliedrico - e quindi 'trasversale'. Spettacolare e velocissima.

Quando poi parte il non eccelso hard blues di "Heavy Metal Kids" (edita nel suo - fino ad allora - ultimo disco solista), il pubblico esulta: sono dei "devoti" di Rundgren, capaci di riconoscere un suo brano a distanza. Il pezzo, per inciso, rende meglio dal vivo. Proseguio tutto rock, altro che progressive, con "Do Ya" dei The Move di Jeff Lynne, del '72, brano che, dopo questo live, guarda caso verrà riproposto (e con grande successo) da Lynne stesso nel 1976, con la sua band d'allora, nientemeno che la Electric Light Orchestra... Riffatissima e catchy, sembra la versione californiana, ubriaca, fumata, bruciata dal sole, sporca di sale e sabbia, della celebrale "Sweet Jane" di quelli della metropolitana newyorchese. Prova a prendere qualcosa di Coney Island ed a portarlo a Malibù Beach...

Finale affidato a "Just One Victory", pop soul e gospel che, col sound più "aperto" (e "qualche" strumento in più ad accompagnarla) rispetto alla versione in "A Wizard, A True Star", rende indubbiamente il quadruplo, tanto da sembrare quasi tutt'altro brano. Finale gospel meraviglioso, eccessivo ed in tripudio totale...

Con Rundgren è così... Non ha pubblicato un live solista fino al 1992. Con gli Utopia ne fa due in due anni. E i capolavori, nei suoi due lives di inediti, non li ha mai reincisi in studio... In questo secondo episodio, Todd riabbraccia tutti quanti gli stili che gli si confanno, ed inserisce il progressive rock non sopra, bensì accanto agli altri generi musicali di suo gradimento. Accompagnato da una line up eccellentissima, nonché prodotto dal miglior produttore del mondo, il palco, si e ci delizia con tutta la sua arte, la sua poesia e la sua, perché no, abilità tecnica, di chitarrista e di cantante. Il genio è nuovamente tornato, la sua bacchetta magica è stata riparata, e funziona come prima. Chi ama la buona musica non può non amarlo. Si chiama Todd Rundgren.

Carico i commenti...  con calma